martedì 25 aprile 2023

EMIGRANTI - Regia di Massimiliano Bruno


In scena da giovedì 20 a domenica 23 aprile all’OFF/OFF Theatre “Emigranti” per la regia di Massimiliano Bruno. Questo testo di Slawomir Mrozek, drammaturgo, giornalista e vignettista satirico polacco, vede protagoniste due personalità molto differenti, entrambe emigrate da un piccolo paese per giungere in una grande città straniera alla ricerca di fortuna. Uno più ruspante e sempliciotto (Andrea Venditti), l'altro intellettualoide filoanarchico (Marco Landola) incarnano la dicotomia tanto cara alla letteratura russa o filorussa tra classe operaia ed intellettuale.

L'intera pièce è ambientata in un sottoscala in cui ogni cosa trasuda un senso di miseria e squallore. Due brande poste ai lati dello spazio, al centro un tavolaccio con due sedie. L’ironia, i fraintendimenti, i battibecchi che scaturiscono dal fitto dialogo tra i due, ne misurano la relativa distanza.

Sono i gesti quotidiani del mangiare, del bere, del dormire, il bisogno di parlare, ad accomunare questi due esseri umani nascosti come vermi nell'angolo intestino dello stabile. Sulle loro teste il vociare di chi vive ai piani alti e festeggia l’inizio di un nuovo anno. In questo microcosmo si svolge il gioco teatrale fondato su un dialogo serrato, funambolico, intessuto di crudeltà sottili e accenti affettuosi celati fra le pieghe di un litigio continuo. Pian piano tra i due si palesa una stramba interdipendenza oltre che psicologica, quasi fisica, legata alla necessità di avere in quell’ambiente estraneo, semplicemente una controparte con la quale condividere la “prigionia”. Il loro conflitto è anche uno scontro di idee e di valori. Entrambi sono "prodotti" dello stesso sistema e per entrambi l'esistenza ha la dimensione della schiavitù.

La regia di Bruno è attenta ed efficace, contribuisce a rendere al meglio la giusta atmosfera claustrofobica e paradossale che strizza l'occhio a Beckett. I due personaggi in questo adattamento attraversano quattro epoche differenti che corrispondono alle più famose ondate migratorie italiane: alla fine dell'ottocento i due emigranti approdano in Argentina, negli anni venti in America in pieno proibizionismo, dopo la seconda guerra mondiale in Inghilterra, fino ad arrivare negli anni settanta nell'industriosa Germania. 

A fungere da collante è il personaggio femminile interpretato da Francesca Anna Bellucci che non compare nella versione originaria del testo ma la cui presenza è fondamentale al fine di raccordare in maniera brillante e sagace il susseguirsi dei diversi quadri temporali. La donna, attraverso la lettura delle lettere che le invia il suo amato marito Cesare dal paese di migrazione, ci porta a intuire come il meccanismo di sfruttamento industriale ha resistito e resiste immutato attraverso le epoche. 

Bruno evidentemente grazie ad un'ottima direzione attori ha saputo dosare al meglio il ritmo serrato di dialoghi convoluti, battibecchi aggressivi intervallati da silenzi eloquenti. I due attori hanno ben caratterizzato i loro personaggi, riuscendo a rimarcare la differenza di estrazione tra i due individui. Venditti ci regala un personaggio che trasmette simpatia e tenerezza con i suoi modi a tratti infantili e il suo romanesco dal sapore antico. Di contro l'intellettuale di  Landola, dal marcato accento partenopeo, appare sulle prime rigido e ipercritico (legge, scribacchia, filosofeggia e psicoanalizza il compagno mettendo in mostra la padronanza di linguaggio da letterato) fino a che anche le sue fragilità si riveleranno, e non si potrà che empatizzare con entrambi allo stesso modo.

Come i due personaggi della più famosa pièce di Beckett, sembrano attendere qualcosa che dentro di loro sanno non potrà mai arrivare: tornare al loro paese e liberarsi dalla comune se pur diversa schiavitù.

Susy Suarez 


EMIGRANTI

Con Marco Landola, Andrea Venditti e Francesca Anna Bellucci

Regia di Massimiliano Bruno

Aiuto Regia Daniele Trombetti

 Assistenti Regia Dafne Montalbano e Giorgia Remediani

Disegno Luci Matteo Antonucci

Costumi Mara Gentile

Scene Giulia Carnevali

Foto e grafica Andrea Biciocchi

Organizzazione Susan El Sawi


mercoledì 5 aprile 2023

EVERY BRILLIANT THING - regia di Fabrizio Arcuri



In scena al
Teatro India dal 29 marzo al 2 aprile Every Brilliant Thing con Filippo Nigro per la regia di Fabrizio Arcuri. Il testo, scritto nel 2013 dall'autore britannico Duncan Macmillan, affronta il tema della depressione in un modo decisamente originale e privo di retorica.

Lo spettacolo riproposto da Nigro e Arcuri, diventa una vera e propria esperienza più che una semplice messa in scena. Si può dire che la pièce ha inizio ancor prima che il pubblico si sia accomodato in sala, quando Nigro si palesa agli spettatori, aggirandosi e scrutandoli tra la platea e attendendo che ognuno si sistemi al proprio posto. La “quarta parete” non può venir rotta perché in Every Brilliant Thing è assolutamente assente, e sin da subito si intuisce che non sarà uno spettacolo propriamente convenzionale.

Fabrizio Arcuri (regista e fondatore dell’Accademia degli Artefatti e direttore del Css – Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia) distribuisce a molti degli spettatori dei bigliettini sui quali è segnato un numero e il nome di un oggetto o delle frasi. Sono tasselli di una lista di tutte le cose per le quali la vita sarebbe degna di essere vissuta.

Le luci restano sempre accese in sala, anche quando Nigro inizia a dare voce al suo personaggio che si racconta come in una confessione, condividendo col pubblico aneddoti e confidenze. Il primo tentativo di suicidio della madre quando era ancora bambino, la difficoltà di dialogo col padre che non sembra avere gli strumenti per affrontare con polso la situazione. L'uomo non sa come sostenere il figlio, alleggerire il suo animo dal disorientamento e dagli automatici sensi di colpa che sopraggiungono ad appesantire il cuore. Il ragazzino non riesce ad avere né conforto né un confronto con nessuno dei due genitori, così l'istinto di sopravvivenza che sopraggiunge quando il dolore stringe, lo porta a stilare la sua lista di tutte le cose più belle per cui vale la pena vivere. E' il suo modo, ingenuamente poetico, di provare a convincere la madre a non ripetere più gesti estremi, ma non sarà così, perché la donna è malata e la sua malattia inguaribile prevarica ogni cosa. Ma il ragazzino non si darà mai per vinto e continuerà a stilare la sua lista anno dopo anno fino ad arrivare a mille, duemila, un milione di voci. Ormai non può fermarsi perché la lista compone la sua identità, è il suo atto di resilienza. Ed è per sé stesso che continuerà a scriverla, per restare aggrappato alla vita e non perdere fiducia nell'esistenza. Allungandosi ed arricchendosi, la lista lo trascina nell'età adulta, verso nuove scoperte, come quella dell'amore.

Filippo Nigro, uno dei più interessanti attori del cinema e del teatro italiano, con garbo e mestiere coinvolge il pubblico non solo invitandolo ad enunciare ad alta voce, dalla propria poltrona, i tasselli del suo elenco chiamandoli numero per numero, ma rendendolo parte attiva della drammaturgia. Ecco che trascina sul palco ignari spettatori e li esorta ad incarnare i vari personaggi che si avvicendano nella narrazione. Così un signore di mezza età in prima fila potrebbe ritrovarsi ad interpretare suo padre o il suo professore universitario, una giovane donna potrà diventare la sua fidanzata o la psicoterapeuta infantile che lo seguiva a scuola. Grazie alla risposta dell’audience e alle reazioni che ogni sera scaturiscono dall'interazione attore-spettatore, la temperatura emotiva muta e lo spettacolo potrebbe essere sempre una sorpresa.

Inevitabilmente si creano situazioni esilaranti indotte dal contrasto tra l'imbarazzo iniziale degli ignari astanti designati e la loro voglia di partecipare e divertirsi. La forza dello spettacolo sono proprio questi momenti di leggerezza e ironia con i quali si cercano di ricostruire scene di fatto dolorose per il protagonista, alternati a momenti di sospensione carichi di intensità. Chissà se qualcuno dopo aver assistito a questo delizioso spettacolo inizierà a stilare la sua personale lista di tutte le cose più belle per cui vale la pena vivere.


Every Brilliant Thing

(Le cose per cui vale la pena vivere)

di Duncan Macmillan con Johnny Donahoe
traduzione Michele Panella
regia Fabrizio Arcuri
co-regia e interpretazione Filippo Nigro