martedì 21 maggio 2019

SPOGLIA-TOY-Regia di Luciano Melchionna



In scena dal 16 al 26 maggio al teatro Piccolo Eliseo di Roma “Spoglia-Toy” è la nuova opera teatrale firmata da Luciano Melchionna il quale continua, dopo il grande successo di “Dignità autonome di prostituzione”, a offrire al pubblico più che una semplice messa in scena, una vera e propria esperienza unica. Scardinando infatti le convenzioni del rapporto tra spazio scenico e spettatore, la relazione tra l'attore e i suoi uditori, e strappando questi dalle consuete comode poltrone di velluto, accompagna il pubblico in un viaggio assieme agli stessi performers, esplorando così nuove possibilità di interazione con lo spazio teatrale e nuove modalità di percepire un'opera drammaturgica. In questo “Spoglia-Toy” Melchionna reinventa il concetto base di spettacolo itinerante in una chiave totalmente diversa e innovativa. Undici calciatori e un mister, uno spogliatoio prima di una grande e decisiva partita in cui aleggia odore di sudore, di adrenalina. Il pubblico vi viene condotto passando attraverso un buio tunnel sulle cui pareti, come delle installazioni di una galleria d’arte moderna, scorrono grandi ritratti in bianco e nero dei protagonisti. Una musica tecno, incalzante e ansiogena, “sospinge” gli spettatori in questo primo spazio scenico in cui ritroviamo i calciatori, come in ogni spogliatoio che si rispetti, in accappatoio o coperti solo da un asciugamano in vita i quali attendono con fibrillazione di entrare in campo. Ci sediamo lì, intorno a loro, a osservare quel rito collettivo celebrato dal Mister che, come un truce comandante, incita i suoi guerrieri prima di scendere in battaglia esortandoli con un monologo intenso e appassionato. Si rivolge ai suoi pupilli, calciatori talentuosi, tra gli uomini più famosi, ricchi e di successo, divenuti ormai icone nell'immaginario collettivo. Il Mister li sferza con parole talora aggressive, canzonatorie e feroci, parole che si rivelano sottile disamina sul bieco e tracotante macismo che caratterizza determinati ambienti, ma anche sui suoi luoghi comuni e sui quei milioni di assatanati di nulla che riempiono gli stadi e che, idolatrando i giocatori come semidei, trasformano il gioco del calcio nello “sfogo” del calcio.Un numero viene assegnato a caso al botteghino ad ogni spettatore. Sarà il numero del calciatore che sarà chiamato a seguire dopo questa prima introduzione, passando a una dimensione ancor più raccolta in cui il personaggio “calciatore” si umanizza e nell'intimità del suo spogliatoio personale si mette concretamente a nudo offrendoci uno spicchio della sua vita, della sua anima. Undici attori, undici calciatori, undici storie. Perché anche i calciatori hanno la propria storia, la propria sensibilità, nonostante i luoghi comuni li raffigurino perlopiù ignoranti, rozzi, illetterati, esaltati, viziati e strapagati. Molto spesso, infatti, dietro la vanagloria di questi moderni gladiatori, scagliati nell'arena in pasto al pubblico adorante, si celano esperienze di vita molto dure, background culturali e sociali al limite: disagio, fragilità, desiderio di riscatto. Un solo monologo, un solo calciatore per ogni spettatore, il che lascia inevitabilmente col desiderio di infilarci in spogliatoi diversi, con la curiosità di vedere e sentire “spogliarsi” anche gli altri, carpirne le confidenze, ma forse è anche proprio questo senso di casualità la parte interessante dello show. Potrà accadere, come successo a me, di finire nello spogliatoio del giovane “calciatore” Agostino Pannone che racconta di un padre che non ha mai creduto in lui, del suo desiderio di fuga da una vita mediocre, dalle parole sminuenti e scoraggianti di un genitore che ha fatto crescere il figlio nel disamore. E anche adesso che il padre è ormai morente, il ragazzo al di lui capezzale, gli sbatte in faccia la sua vittoria con un sadismo quasi amaro e vendicativo dietro cui vibra un abisso di profondo dolore e delusione. Sicuramente a suo agio dall'uso del proprio dialetto d'origine (in questo caso drammaturgicamente giustificato), il giovane attore napoletano riesce a renderci con generosità tutta l'intimità della sua confessione. La forza del suo sguardo aggancia gli astanti trasfondendo loro tutta l'intensità e la rabbia dolente che scorre dietro ogni sua parola. Esercizio non semplice per un interprete, anche il più scafato, recitare in uno spazio così angusto, letteralmente a pochi centimetri dagli spettatori, tanto da riuscirne a cogliere ogni respiro, ogni minimo movimento, ma conservando la concentrazione senza mai perdere l'attitudine emotiva del personaggio. Tutto è orchestrato affinché gli undici monologhi inizino e finiscano quasi all'unisono così da permettere al pubblico di riunirsi di nuovo insieme sul finale, e condotto ad accomodarsi in platea. Ma il sipario rimane chiuso, i ragazzi si muovono intorno alle fila di poltrone urlando, come a incitarsi vicendevolmente, frasi celebri legate al mondo del calcio. Citazioni di letterati, filosofi, artisti, politici, storici, cantanti, a dimostrazione di come questa forma di frenesia collettiva permei ormai la nostra cultura da generazioni. Ipnotica e affascinante la coreografia, che gli interpreti eseguono distribuiti lungo le scalinate ai lati della platea, dal sapore di una danza tribale. Poi finalmente il sipario si apre e su un piedistallo, che ricorda quello delle sculture sacre, nascosta dietro una mostruosa maschera da vitello, irrompe in scena un essere dalle fattezze femminili. La creatura si presenta come “SS”, ovvero “Società Stessa”. Lei è quel “Vitello d'oro” che nella mitologia sacra fu il “falso” idolo fabbricato da Aronne per soddisfare gli ebrei durante l'assenza di Mosè, quando questi ascese al Monte Sinai. Ma in questo caso rappresenta l’animalesca incarnazione di tutte le contraddizioni dell'animo umano: debolezze, corruzioni, follia e quell’insensato fanatismo che tenta di colmare ogni vacuo abisso interiore. Nel suo lungo monologo, col vigore di un politico da comizio in pubblica arringa, vomita caustica e veloce la sua apologia del nulla, l' esaltazione dei mezzi di comunicazione di massa i quali hanno delineato un'opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Un edonismo neo-laico ciecamente dimentico di ogni valore umanistico. Allo stregua in cui le divinità religiose del passato simboleggiavano le priorità assolute dell’esistenza, oggi i calciatori ne rappresentano infatti le divinità terrene di un culto ormai secolarizzato; i totem sacri e inviolabili per quelle vaste moltitudini di persone ormai espropriate di autentici valori spirituali. Ottima la scelta dei costumi. I calciatori, uno ad uno, indossano la loro divisa da semidei: pantaloncini e maglietta d'oro con una grossa catena al collo. D'effetto anche il vestito in lattice trasparente della dea, che richiama l'involucro di un prodotto confezionato. La drammaturgia è densa di contenuti e uno spettatore attento e riflessivo riuscirà a coglierne tutte le provocatorie sfumature. Nella sua scrittura Melchionna, in questo caso coadiuvato da quella di Giovanni Franci, riesce sempre a dosare un'istanza filosofico-intellettualistica con una vena di pungente ironia, giocando a divertirsi col grottesco e divenendo così fruibile sia a un pubblico meno sensibile, sia a uno più arguto e recettivo che saprà certamente coglierne tutti i sottili simbolismi. Spettacolo itinerante? Performance? Teatro sperimentale? Perché voler a tutti i costi etichettare una rappresentazione drammaturgica così potente che fa divertire, entusiasmare, incuriosire, e che così efficacemente ci scuote nella sua dimensione estetica e formale.
Susy Suarez 


SPOGLIA-TOY 



Testi di Luciano Melchionna e Giovanni Franci
Con
Lorenzo Balducci, Orazio Caputo,
Mauro F. Cardinali, Gennaro Di Colandrea,
Adelaide Di Bitonto, Emanuele Gabrieli,
Sebastiano Gavasso, Pierre Jacquemin, Gianluca Merolli, FabrizioNevola, Roberto Oliveri, Marcello Paesano, Agostino Pannone
Costumi Milla
Scene Chiara Carnevale
Musiche a cura di Riccardo Regoli
Installazioni fotografiche Mario Pellegrino
Assistente alla regia Sara Esposito
Consulenza sportiva Sebastiano Gavasso
Produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro