giovedì 1 dicembre 2016

LA VITA DOPO - Regia di Igor Maltagliati

Avete mai pensato di potervi svegliare un giorno nel vostro letto e trovarvi al fianco invece che la vostra compagna o compagno, un perfetto sconosciuto? E se vi ritrovaste intrappolati nella vostra camera da letto con questa persona senza alcuna possibilità di uscirne? Sarebbe una situazione assurda e surreale, ed è ciò che avviene appunto nell'originale commedia “La vita dopo” scritta e diretta dal regista Igor Maltagliati. Un uomo all'apparenza mite e imbranato, il quale svolge un lavoro poco gratificante, una donna tutta pepe che aspira a una carriera attoriale ma che è finita a dover sbarcare il lunario in un negozio di cosmetici e che maschera le sue insicurezze dietro una sensuale aggressività. Tra dialoghi serrati e acuta comicità alla Woody Allen, i due protagonisti saltano di palo in frasca e finiscono per rivelarsi l'un l'altro con totale sincerità, aprendo il proprio cuore come nemmeno ai rispettivi compagni hanno mai fatto. Rispettivi compagni (Carlotta Maria Rondana e Luca Setaccioli) che tra l'altro, da lungo tempo intrattengono una tresca a loro insaputa. Maltagliati con leggerezza e sagacia affronta principi legati alla psicoanalisi come la catarsi del sogno, passando dal più complesso concetto della fisica moderna di “multiverso” che è l'ipotesi secondo la quale coesisterebbero universi paralleli fuori dal nostro spazio-tempo. Scandaglia le umane e universali fragilità di due esseri apparentemente molto diversi ma accomunati dalle medesime frustrazioni, ipocrisie, debolezze, illusioni. Punzecchiandosi senza sosta, tra lazzi, giochi infantili e confessioni, si crea tra di loro un'intimità che capovolgerà tutti gli equilibri delle rispettive vite. I colpi di scena non mancheranno in questa commedia briosa, la cui trama si dipana a ritmo serrato grazie anche alla forza dei due protagonisti. Emiliano Coltorti perfetto nei tempi comici, caratterizza al meglio la tagliente ironia e l'aplomb inglese del suo personaggio, pervaso da una tenera amarezza. Marianna Adamo con la sua trascinate energia, bilancia gli equilibri di un testo nel quale sono ben dosate leggerezza e profondità di contenuti. “La vita dopo” è una storia in cui tutto può accadere, la musica parte da non si sa dove grazie ad uno schiocco di dita, o prodigiosi antichi cappelli inducono a dire la verità, e questa atmosfera magica e onirica che pervade ogni cosa, ce la si porta piacevolmente addosso, anche dopo i saluti finali.
Susy Suarez




lunedì 7 novembre 2016

LA DURATA DELL'INVERNO - Regia di Giulia Lombezzi

E' pieno inverno, il freddo penetra nelle ossa, si approssima il Natale. Una giovane e spaesata donna dell'est, appena giunta in Italia dal suo paese, si trova a dover vivere in una squallida stanza con due materassi in terra e pochi oggetti. La sua burbera coinquilina è la padrona della baracca, che oltre al posto letto le affitta una stanza al piano di sopra in cui entrambe “lavorano” a turno. Si svolge tutta qui questa piccola grande storia di dolore e umanità, tra quelle quattro mura che loro malgrado devono condividere per sopravvivere. Andrea (Eleonora Gusmano) a dispetto di ciò che si è abbassata a fare, è una donna pulita e dolce, un po' naif, che vive nella ferrea determinazione di guadagnare abbastanza per costruire una casa nel suo paese per la sua famiglia. Tea (Ania Bogdan) appare come una velenosa megera, ma è solo un essere abbrutito dalla vita, nel cui cuore c'è ancora spazio per un po' di tenerezza. “La durata dell'inverno” è un testo ben scritto e ben diretto, in cui i ritmi seguono le dinamiche con forza e naturalezza. Uno spettacolo che riesce ad andare al di là del fenomeno sociale rappresentato, al di là della prostituzione, l'immigrazione e lo sfruttamento, è una storia di speranza e sacrificio che si articola partendo dall'estrema apparente diversità di due donne accomunate nella disgrazia e nella solitudine. Nonostante siano due personaggi molto caratterizzati, le due interpreti vi si relazionano con la giusta misura, e regalano allo spettatore momenti di poesia e anche qualche sorriso. Entrambe inconsapevolmente, donano qualcosa l'una all'altra, che le porta a un'evoluzione che toccherà il cuore.
Susy Suarez



LA DURATA DELL’INVERNO
|3-6 Novembre| Sala Teatro
FOCUS_2

| di Giulia Lombezzi | con Eleonora Gusmano e Ania Bogdan | regia Giulia Lombezzi

lunedì 31 ottobre 2016

IL CORPO GIUSTO - Regia Marcello Cotugno


In scena dal 27 al 30 ottobre al teatro Dell'Orologio “Il corpo Giusto” per la regia di Marcello Cougno. Qual è il corpo giusto? Come dovrebbe essere? Cosa sarebbe disposta a fare una donna per poter arrivare ad ottenerlo? Ma soprattutto, esiste il corpo giusto? Uno spettacolo al femminile ma il cui messaggio non ha confini di sesso, etnia o religione. Il dramma dell'eterna battaglia col nostro involucro, il disagio che sopravvive attraverso le epoche, le mode e le culture, diventando sempre più una vera e propria ossessione collettiva. Quando a un gruppo di donne americane indigenti e appartenenti a etnie differenti è stato chiesto che cosa avrebbero cambiato nella loro vita se ne avessero avuto la possibilità, la maggioranza ha risposto: il peso.
Marcello Cotugno porta in scena questo testo di Eve Enstler, autrice statunitense famosa per la ancor più nota opera “Monologhi della Vagina” . “Il corpo Giusto” è altrettanto acuto, lucido e ironico, e vede tre attrici di età e tipi fisici differenti, trasformarsi in figlie, mogli, madri raccontando le loro piccole storie, diverse declinazioni di una nevrosi collettiva.
Cotugno fa in modo che proprio il corpo sia in primo piano. Le attrici sono coperte per la maggior parte della pièce, solo da scarna lingerie color carne, che poco cela forme e imperfezioni. Elisabetta De Vito in una sottoveste chiara altrettanto succinta, fa da filo conduttore tra le varie storie, incarnando l'autrice stessa la quale riflette, si interroga e interroga il pubblico, gioca con lui, cerca risposte.
L'energia non manca a nessuna dalle tre interpreti, le quali si trovano a doversi destreggiare tra personalità, dialetti e cadenze differenti in una stimolante prova attoriale che affrontano con talento. La scena è molto semplice. Cubi bianchi e piattaforme a specchio sulle quali le attrici si muovono, saltano sul loro riflesso, ci si affacciano, lo calpestano. Alle loro spalle proiezioni di immagini pubblicitarie anni 50, epoca in cui già il tamburo della pressione mediatica iniziava a battere nella testa delle donne sempre più incessantemente. Interessante la scelta delle musiche, tra cui il ritornello degli Die Antwoord “I am your butterfly,I need your protection, Need your protection” che ritorna incessantemente come un'ipnotica cantilena. “Il corpo giusto” è uno di quegli spettacoli che sia uomini che donne dovrebbero assistere a cicli cadenzati, immersi come ormai siamo in una cultura in cui cercare di essere perfetti è un obbligo sociale. Il finale è il grido universale che ognuno di noi ha bloccato alla bocca dello stomaco perennemente a dieta. E ci si mette a nudo in tutti i sensi, quando il corpo non fa più paura, perché è giusto, così com'è.
Susy Suarez




Il corpo giusto
drammaturgia di Eve Ensler
traduzione di Monica Fiorini
regia, colonna sonora MARCELLO COTUGNO
con ELISABETTA DE VITO, FEDERICA CARRUBA TOSCANO, RACHELE MINELLI
scene e costumi GIULIO VILLAGGIO
disegno luci Stefano De Vito
art director IRENE ALISON
aiuto regia NATHALIE CARIOLLE
assistente alla regia MARTINA GARGIULO
social media management ELIA BEI
INFO & PRENOTAZIONI
La prenotazione è vivamente consigliata: 06 6875550, biglietteria@teatroorologio.com
INTERO: 15 euro, RIDOTTO: 12 euro, UNDER25 e UNIVERSITARI: 8 euro 
ingresso consentito ai soli soci: tessera associativa annuale 5 euro

martedì 18 ottobre 2016

"LE BAL" - Regia di Giancarlo Fares

Le Bal” in scena al Teatro Sala Umberto dall'11 al 23 ottobre, per la regia di Giancarlo Fares, è Ispirato ad uno spettacolo francese del 1980 del Théâtre du Campagnol, che viene proposto in versione tutta italiana con una numerosa compagnia di giovanissimi attori. In Le Bal non servono parole, tutto è affidato unicamente alla musica, all'intreccio di corpi e al ritmo travolgente e incalzante delle danze, degli amori, dei litigi, i giochi di seduzione e i dolori di otto coppie che ci trascinano in viaggio nel tempo, dalla seconda guerra mondiale fino alla tragica caduta delle torri gemelle. Una fusione tra varietà, pantomima e balletto che propone soprattutto una riflessione sul rapporto tra la vita di ognuno e i grandi sommovimenti storico-sociali. Uno spettacolo corale che vede in scena ben sedici attori (otto uomini e otto donne), trasformatisi in ballerini provetti grazie a un' evidente dura preparazione sotto la direzione di Giancarlo Fares (il quale non si è esentato dal mettersi alla prova in scena insieme ai suoi attori), e della coreografa Ilaria Amaldi. Brillante la scelta delle canzoni, pietre miliari impresse nella coscienza collettiva che muovono le corde della nostalgia. Si passa dal twist al tip tap, dal rock and roll al boogie woogie, dal valzer alla disco music anni 70, in un susseguirsi di argute soluzioni registiche che portano a repentini cambi di costume, a sottolineare i mutamenti della moda e della società, man mano che si salta da un decennio all'altro. Il ritmo è così turbinoso che anche chi non ama particolarmente gli spettacoli musicali non soffrirà la mancanza di dialoghi, ma sarà rapito dalla girandola di piccole situazioni che offrono le otto coppie, quasi sempre in scena contemporaneamente, le quali a volte vivono situazioni e sentimenti diversi, al ritmo della stessa musica, portando lo spettatore a non saper più su chi concentrare la propria attenzione. Un' esplosione di musica ed energia.

Susy Suarez





LE BAL
L’Italia balla dal 1940 al 2001”
da LE BAL, una creazione del Théâtre du Campagnol da un’idea e nella regia di Jean-Claude Penchenat
con
Giancarlo Fares, Sara Valerio
Alessandra Allegrini, Riccardo Averaimo, Alberta Cipriani, Vittoria Galli, Alice Iacono, Matteo Lucchini, Fancesco Mastroianni, Davide Mattei, Matteo Milani, Pierfrancesco Perrucci, Maya Quattrini, Michele Savoia, Patrizia Scilla, Viviana Simone
coreografie ILARIA AMALDI
scenografia MARCO LAURIA
costumi FRANCESCA GROSSI
light designer LUCA BARBATI
sound designer GIOVANNI GRASSO
11 – 23 OTTOBRE 2016





domenica 9 ottobre 2016

IL FUNAMBOLO- Regia di Daniele Salvo


Una scelta ardita quella di mettere in scena questo testo di Genet, uno dei suoi meno navigati, al confine con la pura letteratura. Un saggio, un breve poema in prosa sull'arte del funambolismo, un ardente inno all'arte del circo dietro il quale si nascondono fosche riflessioni.
Daniele Salvo riesce a dargli una dimensione teatrale amalgamando sapientemente musica, danza e effetti visivi, i quali creano uno spettacolo dalla dimensione onirica e suggestiva. Nel 1957 Genet indirizza un giovane acrobata, Abdallah, all'arte del funambulismo. Tutto si svolge nell'arena di un circo, è tutto lì il claustrofobico mondo di Abdallah, dedito a un'unica missione, una gabbia in cui il suo mentore lo ammaestra attorcigliandolo in un gioco crudele d' “amore” malato e torbido. Questo spettacolo sin da subito ha il sapore di una cerimonia ammaliante dall'intenso impatto visivo, a partire dalle splendide immagini di repertorio che ci introducono in un mondo dalle atmosfere decadenti e “retrò”. Due ballerini (Yari Molinari e Giovanni Scura) fanno da contrappunto con eleganti e sinuose coreografie, la voce di Melania Giglio che ci canta antiche canzoni francesi nei panni di un pagliaccio gotico e sinistro. Andrea Giordana interpreta Genet con asettico rigore. Giuseppe Zeno, la cui presenza scenica sembra perfetta per interpretare questo personaggio un po' surreale di funabolo-burattino, non è di certo agevolato dall'ostico testo a esprimere le sue capacità attoriali. L'unico modo di veicolare una simile opera in teatro, è principalmente attraverso il potere evocativo della musica, della danza e delle immagini, cosa che in questo spettacolo avviene con acuto lirismo, che a tratti sfiora la ridondanza, ma che non può non imprimersi nello spettatore con potenza.

Susy Suarez

TEATRO VASCELLO
dal 4 al 7 ottobre 2016 h 21 | PROSA E CIRCO
IL FUNAMBOLO
di Jean Genet
Traduzione di
Giorgio Pinotti
con Andrea Giordana,Giuseppe Zeno, Melania Giglio
Danzatori
Yari Molinari, Giovanni Scura
Musiche originali Marco Podda
Coreografie
Ricky Bonavita
Scene
Fabiana Di Marco
Costumi
Daniele Gelsi

regia Daniele Salvo
produzione BIS Tremila di Marioletta Bideri

domenica 26 giugno 2016

DARKNESS-ISEGRETI DI VILLA DIODATI-Regia di Roberto D'Alessandro

Quale cornice migliore di una cappella sconsacrata nel cuore di Roma, per mettere in scena questo spettacolo? Cappella Orsini, uno spazio originale e inconsueto per una pièce, ma quanto mai perfetto per richiamare le atmosfere oscure ed esoteriche di “Darkness - I segreti di villa Diodati” in scena dal 22 al 27 giugno, scritto e diretto da Roberto D'Alesandro.
Cinque giovani attori si intrufolano in una villa abbandonata per provare uno spettacolo ispirato alla leggenda che aleggia su villa Diodati, una suggestiva dimora sulle rive del lago di Ginevra presa in affitto per diversi mesi da un Lord Byron inseguito dai creditori. Si narra che nel 1816 Lord Byron ospitò nella sua dimora grandi nomi della letteratura inglese come Mary Shelley con il futuro marito, il poeta Percy Shelley, la sorellastra Claire Clairmont e il medico John William Polidori. Furono giorni di tempesta e di mistero durante i quali nacquero i più gradi capolavori della letteratura horror anglosassone. Ma cosa accadde esattamente all'interno di quella villa?
Accompagnati dal rumore incessante di pioggia battente, tuoni e lampi, i giovani attori si accingono a vestire i panni ottocenteschi dei loro rispettivi personaggi, fumando droghe e bevendo laudano, per meglio “calarsi” nella parte dei cinque autori “maledetti”, ignari di cosa stia per accadere loro...
L'azione si muove su giochi ben congegnati di buio/luce e suggestive penombre. La regia sfrutta in maniera ottimale lo spazio a disposizione e rivela un lavoro accurato sui singoli personaggi che gli interpreti rendono al loro meglio, senza risparmiarsi, nonostante alcuni di essi siano evidentemente molto giovani e dalle potenzialità interpretative ancora in maturazione. Il pubblico circonda lo spazio scenico e può sentire la loro generosa energia vibrare a pochi centimetri. Intensa e convincete Valentina Ghetti nella sua Claire Clairmont, persuasivo Riccardo Balestra nel suo allucinato Polidori insieme a Flavia De Lipsis (Mary Shelley), Roberto Luigi Mauri (Percy Shelley), Nicolas Zappa (Lord Byron) e Francesca Sanapo (Justine).
D'Alessandro sceglie anche immagini “forti” per sottolineare il livello di follia e promiscuità al quale si abbandonano i protagonisti, creando un parallelo tra il moderno desiderio di eccesso ed evasione, e il modello di perdizione ottocentesca.
Il testo passa con disinvoltura da un registro contemporaneo, al linguaggio di due secoli fa, senza che la narrazione perda in naturalezza o inciampi in cali di ritmo.
Darkness- I segreti di villa Diodati” è una piacevole occasione per conoscere e immergersi in un evento da sempre sospeso tra storia e leggenda.
Susy Suarez


mercoledì 8 giugno 2016

BOWIENEXT- Il primo film collettivo internazionale tributo al grande David Bowie

Dopo la recente scomparsa del geniale artista britannico lo scorso 10 gennaio, sono nate migliaia di iniziative in tutto il mondo per onorare la sua memoria, ma una delle più originali e interessanti nasce proprio in Italia e prende il nome di “BowieNext”. L'ideatrice e promotrice di questa iniziativa è Rita Rocca, affermata giornalista e regista, da sempre appassionata alla musica e al personaggio di Bowie, la quale si rende conto che soprattutto sui social, era subito esploso il desiderio di milioni di fans di mantenere in vita la memoria di questo grandissimo artista. Quale idea migliore che un progetto, al quale potessero partecipare tutti loro, per onorarlo soprattutto dal punto di vista creativo.
Rita Rocca
Ed ecco che si mette in moto l'operazione “BowieNext”, il primo film collettivo internazionale a lui dedicato. Non il solito documentario, ma qualcosa di molto di più.
Spiega Rita Rocca: “Bowie è stato da sempre uno stimolo di creatività enorme per tutti i fans ma soprattutto per molti artisti ed è stato anche un maestro di vita. Ha determinato delle scelte importanti nelle esistenze dei suoi seguaci per cui credo proprio che gli si debba questo tributo collettivo internazionale da costruire tutti insieme”
Molti fan interessati a dare il loro contributo sono stati già raggiunti attraverso i social e il sito www.bowienext.it o tramite la pagina facebook che ha raggiunto in poco tempo un gran numero di like e visualizzazioni. Qui si troveranno tutte guide lines per inviare il proprio video.
La comunità “bowiana” sta già rispondendo con gran calore da tutto il mondo. Tante persone sono legate a questo personaggio in molti modi diversi, per tutto ciò che ha rappresentato anche dal punto di vista culturale, e lo vogliamo scoprire attraverso questo film, che assumerà la sua forma definitiva solo alla fine, quando tutto il materiale sufficiente sarà stato raccolto. L'uscita prevista è il 10 gennaio 2017, primo anniversario della sua scomparsa. E' possibile inviare self tapes con testimonianze, brani tributo, brani inediti dedicati al personaggio, video art, qualsiasi cosa che possa testimoniare cosa ha rappresentato Bowie nella propria vita e qual è la sua eredità per il futuro.
BowieNex è un'opportunità davvero speciale per poter partecipare ad un progetto multimediale unico al mondo e regalare una seconda vita a questo personaggio rimasto vivo in milioni di cuori.


Susy Suarez 


mercoledì 25 maggio 2016

FESTIVAL "INVENTARIA" 2016 - Serata di corti teatrali

Il 22 maggio al Teatro dell'Orologio nell'ambito del festival di teatro off “Inventaria” arrivato alla sua sesta edizione, in scena sei corti teatrali di sei diverse compagnie: ALLEGRO MA NON TROPPO di Flaminia Chizzola - idea di Ylenya Cammisa regia Flaminia Chizzola e Diletta Masetti con Diletta Masetti A VOSTRA COMPLETA DISPOSIZIONE!- scritto, diretto e interpretato da Alessandro Blasioli, DISSOLVENZA- scritto e diretto da Alessandro Veronese con Laura Angelone e Michela Giudici, DUE diretto e interpretato da Agnese Mercati e Tomàs Acosta, HARD BOX- scritto, diretto e interpretato da Raffaele Romita, LA COLLEZIONE- scritto e interpretato da Ania Rizzi Bogdan e Eleonora Gusmano regia Davide Sacco
Una piacevole serata che ha regalato in un unico abbraccio, atmosfere ed emozioni totalmente differenti. Differenti anche sono sembrati essere i livelli di professionalità dei concorrenti. Alcuni testi presentavano una drammaturgia non troppo matura e non molto ben strutturata, o frutto di un potenzialmente interessante, ma non del tutto approfondito lavoro di improvvisazione, nato dall'incontro di due giovani attori tra le aule di una scuola di teatro. Quest'ultimo è il caso di “Due” diretto e interpretato da Agnese Mercati e Tomàs Acosta, i quali portano in scena l'universale tragedia d'amore di Romeo e Giulietta raccontata solo col respiro del loro corpo. Nessuna parola, solo l'intensa musica di Tchaikovskj e l'espressività fisica dei due protagonisti.
La Collezione
Molto interessane il lavoro di Alessandro Blasioli che con il suo “A vostra completa disposizione!” ci racconta senza inutili retoriche o pietismi, la tragedia del terremoto in Abruzzo, incentrandosi sui difficili stravolgimenti di vita e abitudini delle numerose famiglie rimaste senza casa, per molte delle quali non è stato semplice adattarsi alle soluzioni abitative di fortuna a loro assegnate. Un testo molto maturo nei contenuti e nella struttura, la regia essenziale imperniata sulla presenza scenica dell'interprete, che solo in palco vuoto, riesce a materializzare luoghi, personaggi e situazioni differenti con vivido realismo e un'ironia amara e arguta.
Una particolare attenzione va attribuita al corto “La Collezione” scritto e interpretato da Ania Rizzi Bogdan e Eleonora Gusmano regia Davide Sacco.
Alessandro Blasioli 
La regia è ben articolata, dall'estetica quasi espressionista, ci porta in una dimensione onirica e inquietante. La storia è un pungo nello stomaco, e si struttura in più livelli di lettura. Il titolo allude alla collezione di regole che ci vengono imposte e che ci imponiamo tutti i giorni nella vita, nel lavoro, nei rapporti sociali, regole che Vera (Eleonoro Gusmano) ripete a memoria come una poesia infernale. Un po' bambola, un po' donna, un po' bambina, mero strumento di piacere per i suoi clienti, ma nel contempo una donna VERA appunto, reale, con i suoi ricordi, i suoi affetti, il suo desiderio di maternità ostacolato e brutalmente soffocato. Tutto è costruito intorno al rapporto di odio/amore con una seconda figura femminile, (Ania Rizzi Bogdan), che ci appare arcigna come una strega delle favole, sembra mutare sembianze continuamente diventando madre, sfruttatrice e carceriera. In palco quattro lunghi neon e quattro cubi sui quali lettere luminose compongono il nome della protagonista:Vera. Elementi che vengono mossi in continuazione creando una coreografia che concorre a scandire anche il gioco di potere tra vittima e carnefice. La forza interpretativa di entrambe le attrici, crea un' atmosfera di grande impatto.
Si aggiudica il premio come miglior corto teatrale di questa edizione del festival, il giovane Alessandro Blasioli col suo “A vostra completa disposizione!” seguito al secondo posto da “La collezione” delle talentuose Eleonora Gusmano e Ania Rizzi Bogdan. Un onesto risultato, considerando che erano senz'alto questi i due lavori più maturi e interessanti tra le proposte di quest'anno.
Susy Suarez










giovedì 5 maggio 2016

THANKS FOR VASELINA - Regia Gabriele di Luca,Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi

Un forte odore di marijuana invade la platea. Un tavolo, un divano, una finestra e tre piccole “serre” casalinghe. Personaggi e colpi di scena si avvicendano tra le mura del salotto di casa di Fil (Gabriele Di Luca), trasformato in una specie di fabbrica di erba con la complicità dell'amico Charlie (Massimiliano Setti), il primo cinico, duro, aggressivo, il secondo tenero e idealista, poi Lucia, (Beatrice Schiros) una madre ludopatica dal burbero pragmatismo e dalla lingua tagliente, Wanda (Francesca Turrini) una ragazza ingenua e fragile alla ricerca di un po' di autostima e di affetto, Annalisa, (Alessandro Tedeschi) il padre transessuale di Fil, fuggito anni prima in una comunità in Messico per ritrovare se stesso, abbandonando la famiglia e abbracciando la sua vera identità sessuale. Panorama non potrebbe essere più pittoresco e variopinto, ed è proprio questa girandola di bizzarrie e paradossi che concorre a esorcizzare nell'animo di chi guarda, i dolori e le sconfitte che sono in un modo o in un altro proprie di ciascuno di noi.
Questa storia è un continuo accavallarsi di cinismo, dolcezza e ridicolo. Surreale ma nello stesso tempo terribilmente lucida e verosimile nel dipingere le dinamiche dei rapporti umani e nel mostrarci i mondi interiori di personaggi, i quali possono apparire sopra le righe, estremi, ma le cui debolezze, le nevrosi, le paure, i disincanti, rispecchiano perfettamente ciò che alberga nell'animo di ciascuno di noi.
Ecco che subito tutto diventa credibile nella sua incredibilità, e finiremo con l'empatizzare con tutti e con nessuno durante il frenetico dipanarsi della storia, dal ritmo serratissimo e dialoghi sferzanti.
La regia calibra perfettamente parola e azione, facendo sì che anche grazie alla inconfutabile bravura degli interpreti, ogni parola e silenzio arrivi allo spettatore con la forza della verità, nonostante la storia assuma pieghe paradossali e folli che non potranno trattenere lo spettatore dal ridere di gusto, per poi frenarsi di fronte alla crudezza di affermazioni lapidarie e decisioni inattese.
La regia ha una cifra musicale e coreografica assolutamente ben congegnata, dai cambi di luce, alle pause, alle entrate e le uscite. Dinamiche e scelte estetiche sicuramente appropriate alla drammaturgia, la quale non sembra avere falle e ricorda molto un certo tipo di drammaturgia contemporanea anglosassone.
La scorrettezza e l'allegro sarcasmo con le quali si affrontano tematiche come l'omosessualità, la dipendenza, l'obesità, il ritardo mentale, la confusione ideologica, i fanatismi, ha un che di catartico, e non sarà difficile cogliere l'amara metafora nascosta dietro il titolo stesso di questa brillante pièce.
Susy Suarez



THANKS FOR VASELINA
drammaturgia Gabriele Di Lucaregia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschiinterpreti Gabriele Di Luca (Fil), Massimiliano Setti (Charlie), Beatrice Schiros (Lucia), Alessandro Tedeschi (Annalisa), Francesca Turrini (Wanda)musiche originali Massimiliano Setti

giovedì 7 aprile 2016

ZIO VANJA-Regia di Duccio Camerini

Zio Vanja è il racconto di una vita mortificata per assenza di coraggio e di passioni, intrappolata nelle sabbie mobili della routine, dove mai nulla si avvera. Zio Vanja è un dramma, e su questo c'è poco da discutere. La noia, la tristezza, la malinconia, l'ignavia, ne sono il fulcro e rappresentano i sintomi di una tragedia esistenziale che Vanja, Sonja, Elena, il dottore, e tutti gli altri personaggi, portano scolpita nei loro dialoghi e nei loro corpi. È vero che nel dramma di Cechov, come in molti dei suoi lavori, c'è sempre qualche aspetto ironico, anche di amaramente grottesco, ma cercare di renderlo in qualche modo “leggero” significa snaturare il testo e stravolgerne il genio. Duccio Camerini è un attore e regista di esperienza e talento, e sul palco non può non dimostrarlo, ma questa volta è al timone di un'operazione “sperimentale” a mio avviso discutibile.
Svariati e coraggiosi sono stati gli adattamenti di questo imperituro classico, ma solo rispettando le intenzioni dell'autore, esso può essere tranquillamente ambientato in ogni tempo e luogo e riuscire comunque a trasmettere tutta la sua attualità e la sua universalità. Solo rispettando le intenzioni dell'autore, si può riuscire a essere davvero originali e innovatori, ed è necessario affidarsi a interpreti capaci di sostenere personaggi tanto densi, che comunichino il senso di vuoto, di inutilità, il loro patire la solitudine, la malinconia, il loro trasformarsi in  anime
senza pace, sottolineare le dinamiche di tensione, di claustrofobia. Gli attori invece in questa pièce, sembrano più impegnati a calcare toni ironici e farseschi che risultano un'inopportuna forzatura e troppi di loro si dimostrano molto “acerbi” e fuori parte di fronte tale compito.
Momenti che sarebbero dovuti essere un concentrato di tensione e intensità, perdono di ogni consistenza, diluiti anche da una musica spesso ingombrante che sopraggiunge nel tentativo di sottolinearli.
L'unico modo per far arrivare davvero il senso di questa tragedia morale alla coscienza dello spettatore, è la verità, con Cechov è un atto dovuto, l'unica alternativa.
Susy Suarez


Info:
dall'1 al 24 aprile 2016 Teatro ARCOBALENO (Centro Stabile del Classico) via F. Redi 1/a , Roma
venerdì e sabato ore 21:00 - domenica ore 17:30
ZIO VANJA *
di:
Anton ÄŒechov
uno spettacolo di Duccio Camerini
con Francesca Sgheri, M. Vittoria Pellecchia, Duccio Camerini
musiche Alchimusika 

sabato 12 marzo 2016

QUELLA STRANA PARTE DI ME - Regia di Patrizio Cigliano

Quella strana parte di me” in scena al teatro dei Conciatori dal'8 al 20 marzo, è un perfetto connubio tra melodramma romantico ed esilarante commedia. Questo è uno spettacolo che non affronta semplicemente la tematica della crisi dei quarant'anni, tanto nota e temuta e su cui già molto si è ironizzato, ma sottolinea anche come la “sindrome di Peter Pan” sia un fenomeno transgenerazionale, che colpisce sia l'uomo “maturo” sia i ventenni di oggi, che sempre più spesso procrastinano oggi tipo di impegno o progettualità a lungo termine.
Il protagonista della pièce è diviso tra l'irragionevole e costante attrazione per donne molto più giovani di lui, e l'amore autentico, maturo e solido di un matrimonio messo in discussione da questo bisogno che può diventare patologico e autodistruttivo.
La caratterizzazione dei personaggi risulta perfetta così come i loro interpreti, Barbara Begala nei panni di Sara, la moglie indulgente ma tenace, che fa di tutto per riuscire a tenere le redini del suo matrimonio, Patrizio Cigliano nei panni di Andrea, quarantenne smarrito, che diventa un ingenuo bambinone sedotto dalla voglia di riuscire a rivivere sensazioni ed emozioni quasi adolescenziali con la sua giovane stagista Linetta, interpretata da una perfetta Beatrice Messa, la quale, gestisce questo rapporto con tutta la crudele ingenuità di una ragazzina che molto similarmente al protagonista, non ha alcuna voglia di crescere e impegnarsi. Tutto ciò scatena in Andrea una vera e propria schizofrenia emotiva, incarnata da una sempre potentissima Veronica Milaneschi, la quale è il giudizio, il raziocinio, il buon senso, la risoluta e lungimirante parte femminile che alberga in lui e che tenta fino all'ultimo di riportare in riga “quella strana parte di sé”. La regia è semplice, attenta e rigorosa nel saper dettare i giusti tempi narrativi e nel coniugare comicità e spunti riflessivi con delicatezza ed eleganza. La scenografia, essenziale e funzionale, distingue i due ambienti principali: quello della casa di Andrea, il nido delle sue abitudini, le certezze di dieci anni di matrimonio costruite intorno alla moglie Sara, e l'ufficio, territorio in cui il protagonista all'insaputa della moglie, si lascia andare a le sue puerili debolezze. Una commedia molto piacevole, un piccolo viaggio comico e commovente, in cui sono dosate con maestria, leggerezza e profondità di contenuti. 
Susy Suarez



QUELLA STRANA PARTE DI ME
Il nuovo spettacolo di Patrizio Cigliano
Con (in o.a.) Barbara Begala, Patrizio Cigliano, Beatrice Messa, Veronica Milaneschi.
Francesco Pezzulli, Giò Giò Rapattoni, Paola Majano, Alessandro Parise.
Prima Nazionale
Regia: Patrizio Cigliano
Scene: Patrizio Cigliano
E con le voci di:
Produzione: Associazione Culturale Arcadinoè.

domenica 21 febbraio 2016

PETER PAN BEGINS-Regia di Alessandro De Feo



Peter Pan Begins in scena dal 18 al 21 febbraio e dal 25 al 28 febbraio, è uno spettacolo che toccherà soprattutto l'animo di coloro che trentenni o poco più, hanno vissuto a pieno gli anni 90 ed il repentino passaggio dall'analogico al digitale, il quale inevitabilmente ha lasciato in molti un nostalgico amore per tutto ciò che li ha incarnati, dai programmi tv, alla moda, agli improbabili accessori, i giochi ed i passatempi che ancora poco avevano a che fare con la tecnologia. Molti rimangono aggrappati alla rupe del passato che non può tornare, al sogno del paradiso perduto di un'adolescenza che sapeva ancora di messaggi scritti a penna su fogli di quaderni e giochi all'aria aperta, proprio come il protagonista di questa pièce, che addirittura finisce con l'impazzire, perso in un delirio in cui rifiuta tutto ciò che gli sta intorno. Soffre dell'incapacità di riprovare ancora sentimenti forti e totalizzanti come quello del primo grande amore adolescenziale, quello delle attese, degli incontri, delle lettere sul diario. Intorno a lui storie si intrecciano, episodi, immagini del passato si compongono e si ricompongono in una girandola di sketch brillanti e dinamici in cui gli interpreti si trasformano in una serie di esilaranti personaggi. L'autore immagina un'epoca in cui si è arrivati ad un cinismo così esasperato, da mettere in piedi grotteschi talk show in cui uomini e donne scelgono la propria famiglia digitale in diretta alla presenza di ormai altrettanto grotteschi opinionisti, i quali hanno del tutto smesso di parlare, ma non fanno altro che urlarsi improperi vicendevolmente come ossessi. La regia adotta soluzioni semplici ma che proiettano con efficacia il pubblico dentro luoghi e situazioni. In scena pochi elementi: una poltrona a rotelle, una seduta ed pezzi di vestiario attaccati tutt'intorno alle pareti con i quali gli interpreti si calano con velocità nei loro diversi personaggi, dimostrando di avere tutti un'ottima versatilità, talento e soprattutto affiatamento.
Questa piccola storia della nostalgia, non può che risultare piacevole nel suo essere briosa e tenera allo stesso tempo, e l'ammonimento finale vale per gli spettatori di tutte le età: restando immobili a contemplare il passato, si diventa vecchi senza nemmeno accorgersene.
Susy Suarez




PETER PAN BEGINS
Di e con
Alessandro De Feo, Marco Foscari, Alessia Iacopetta, Angela Pepi, Gioele Rotini


domenica 17 gennaio 2016

ANGELI - Regia di Filippo Gili

“Angeli” di Filippo Gili è un testo in cui l'autore e regista esprime la sua vena più ironica e surreale. Atmosfere tra favola e sogno in questo atto unico per due attori meravigliosi, i quali creano una dinamica travolgente che diventa sempre più mordace e fuori da ogni logica terrestre.
Tutto si svolge nel salotto di un uomo ordinario, Angelo (Arcangelo Iannace) che scopre di essere il “prescelto”, ed il suo angelo (Pier Giorgio Bellocchio) sceso in terra per portargli la felicità.
Ma dietro alle dinamiche esilaranti che si creano tra loro, c'è l'umorismo amaro che nasconde un chiaro messaggio: qual è la strada per raggiungere la felicità nella vita? La perenne, vana domanda che ogni essere umano si pone, ma a cui nemmeno un essere celeste come un angelo onnisciente può rispondere. Una tragicommedia dall'assetto molto “anglosassone” e vagamente “Pinteriano” per un autore che ripropone alcune tematiche ricorrenti nelle sue opere in una chiave però completamente nuova, quasi le ribalta per poi ritornare all’origine, dimostrando grande versatilità e ricchezza di contenuti.

Susy Suarez   

ANGELI
di Filippo Gili
con Pier Giorgio Bellocchio, Arcangelo Iannace
regia Filippo Gili
aiuto regia Silvia Picciaia
produzione Argot Produzioni
un progetto di Uffici Teatrali