mercoledì 13 giugno 2012

JAKOB VON GUNTEN- Regia Lisa Ferlazzo Natoli (Recensione)


“Jakob Von Gunten” in scena al teatro India di Roma dal 13 al 17 giugno è tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore svizzero Robert Walser il cui protagonista è il giovane Jakob (Andrea Bosca) il quale decide di entrare nell' Istituto Benjamenta per imparare l'arte di servire, gli allievi però, invece che essere istruiti, sono abbandonati a loro stessi e alla loro indolenza.
Sarà in particolare l’amicizia di Kraus (Emiliano Masala), uno studente diligente e zelante, ad aiutare Jakob a trascorrere le monotone giornate nell’Istituto, che appare subito come un mondo parallelo a quello reale, un “non-luogo” in cui ci si sente sospesi e chiusi come pesci in una boccia. La sola docente “attiva” della tetra scuola è Lisa (Monica Piseddu) la sorella del severo direttore dell’istituto, Herr Benjamenta (Alberto Astorri), una donna angelica e triste che Jakob scruta da lontano e per la quale il ragazzo nutre un sentimento di timida venerazione. Jakob “prigioniero” volontario tra le mura della scuola fatta di aule spoglie e buie, polverose stanze vuote ed appartamenti segreti, con il passare del tempo prende coscienza che in realtà l’istituto è solo un imbroglio.
E' chiaramente stato fatto un grande lavoro di studio e riadattamento del testo e la ricerca di un linguaggio non convenzionale, astratto, che unisce tutte le componenti espressive della recitazione teatrale, sicuramente non facile ed immediato, ma che sviscera i significati più reconditi dell'opera e che presuppone una partecipazione intellettuale attiva per decifrarne i messaggi.
Andrea Bosca, che ha visto nell'ultimo anno la sua carriera decollare tra fiction e cinema, dimostra in questa prova d'attore grande passione per il suo mestiere, avendo evidentemente svolto un lavoro sul personaggio molto accurato, così come gli altri attori della compagnia, che dosano con perizia tutti gli enigmatici equilibri di gesti e parole.
Lo spettacolo riesce ad avvicinarsi il più possibile a ciò che sta oltre le parole ed ad immergerci in un mondo deformato, che ha regole e misure diverse dalle nostre, a farci respirare le atmosfere claustrofobiche, il misto di attesa, di disagio e precarietà, a farci vivere il fascino onirico di un mondo di altri tempi. 
SUSY SUAREZ 

mercoledì 6 giugno 2012

LA PALESTRA-Regia Veronica Cruciani (Recensione)








La palestra è il luogo dell'attesa, il luogo nel quale si compie la tragedia nella tragedia. Tre genitori attendono di sapere perchè sono stati convocati dalla preside della scuola dei propri figli. Aspettando si ritrovano a congetturare sui motivi possibili, nessuno di loro può anche solo lontanamente prevedere la realtà che di lì a poco gli sarà messa davanti una volta che la preside entrerà nella palestra e racconterà loro ciò che faticheranno a credere. I figli si sono macchiati a soli quattordici anni di un reato ignobile. I genitori negheranno, li difenderanno come è umano che un che un padre o una madre faccia, ma anche dopo aver avuto la prova inconfutabile dell'avvenuto reato, i tre amorevoli parenti si trasformeranno in belve, la preside verrà accerchiata da  tigri che cominceranno a girarle intorno sempre più aggressivi e violenti nell'ormai irragionevole tentativo di difender la prole a tutti i costi, anche a scapito di una ragazzina innocente, di una donna dai sani principi mossa dalla buona fede, la quale sulla base della figura istituzionale che ricopre, cerca solo di fare la scelta più giusta. La madre e i due padri si avventano sulla vittima nello stesso luogo e con la stessa ferocia con cui i propri figli si sono avventati sulla loro, e come i figli, diventano complici di un atto aberrante dal quale non avranno via d'uscita.
Il ruvido testo di Scianna mette con lucidità in risalto il lato oscuro che si annida nell'animo di tre genitori di buona famiglia, e l'innescarsi di un istinto di protezione meschino e vigliacco, lì quando tale istituzione viene minata. Di fronte l'evidenza decidono di negarla, e questo egoismo cieco che arriva alle estreme conseguenze, non può che impattare contro le nostre coscienze e lasciarci un amaro senso di disgusto. Lo spettacolo ci spinge nelle viscere di una vicenda troppo simile a qualcosa di già visto e già sentito nelle cronache di tv e giornali e ci permettere di riflettere su come spesso i piccoli mostri siano generati da madri e padri meschini e poveri di spirito i quali trasmettono tale pochezza alla propria genie. Una tematica molto interessante da veder sviluppata di una pièce, il dramma sale molto lentamente, i tempi sono registicamente dosati con sapienza per condurci allo scoppio del dramma ed al suo acme con il massimo coinvolgimento. Incisivi i lunghi silenzi nell'attesa, intensi ed eloquenti, anche se il finale risulta un po' irrisolto, come se ancora qualcosa avrebbe potuto essere detto.
I quattro attori sanno come far venire a galla con chiarezza e veridicità la psicologia di personaggi così diversi ma nello stesso tempo troppo uguali, figli del medesimo background medio borghese ipocrita e perbenista, che all'occorrenza sa come privarsi di ogni scrupolo.


LA PALESTRA 
di Giorgio Scianna
regia Veronica Cruciani
con Filippo Dini, Fulvio Pepe, Teresa Saponangelo, Arianna Scommegna
Assistente alla regia Fiona Sansone
Scene e costumi Barbara Bessi
Disegno luci Gianni Staropoli
Musiche Paolo Coletta
Video Marco Santarelli
Ginnasta del video Giada Regoli
produzione Compagnia Veronica Cruciani
in coproduzione con Armunia
e in collaborazione con il Teatro di Roma