mercoledì 13 marzo 2013

MEDEA - Regia Carlo Fineschi (Recensione)


In scena al teatro Eutheca di Roma dal 7 al 17 marzo, il mito senza tempo di Medea, uno dei classici greci maggiormente rappresentati e sottoposto a mille riadattamenti più o meno appropriati.
L'ambientazione di questa Medea per la regia di Carlo Fineschi è quella molto originale di un luogo non luogo, sospeso in un atmosfera post bellica in cui il palazzo reale di Giasone è un bunker di metallo dalle mura irte di filo spinato contornato di macerie, una grigia prigione all'interno della quale si consuma la tragedia. I personaggi sono tutti avviluppati in lunghi cappotti scuri, compresi gli elementi del coro, che seduti tra il pubblico fanno da eco al dolore e alla fredda determinazione della protagonista, la quale spesso nel suo dissertare si rivolge direttamente agli spettatori coinvolgendoli emotivamente con la forza del suo sguardo. Un mondo incolore, grigio e tetro entro cui però, il capolavoro di Euripide mantiene intatta la sua forza drammatica. La tragedia, seppur risalente al V secolo prima di Cristo, affronta temi sempre attuali. Medea rappresenta una donna padrona del proprio destino, capace di sacrificare la sua vita in nome dell'amore, ma nello stesso tempo dotata di intelligenza e astuzia, che utilizza come armi di vendetta nel momento in cui quell'amore viene tradito miseramente.
Medea inoltre, è vittima della paura dell'estraneo, poiché è straniera in terra straniera e alla fine si ritrova a interpretare esattamente il ruolo negativo che le viene pregiudizialmente affidato.

La Medea di Federica Tatulli è molto misurata e composta, sia nel suo dolore che nella sua fredda e lucida ferocia. Un interpretazione che ne sottolinea il controllato calcolo, l'amarezza e la rassegnazione.
Solo un breve istante di indugio la allontana dal suo proposito, l'umanità affiora in lei in uno dei momenti più toccanti in cui dopo aver ucciso la figlia di Creonte , giunge a dover compiere l'atto estremo, uccidere i suoi stessi figli.
Questa è una Medea che non disperde la sua intensità nell'esternazione plateale del gesto e della parola, la pièce punta più alla partecipazione viscerale degli attori. Tutti i personaggi ruotano ovviamente intono a Medea, ma sanno sostenerla con padronanza e vigore. Alla sua compostezza si contrappongono gli impeti di un severo Creonte e l'irruenza di un furibondo Giasone, o del messaggero, il quale armato di pistola lotta con l'impulso di sparare alla donna che ha ucciso la figlia del re e che senza pudore lo ammette con orgoglio davanti ai suoi occhi. Egli alla fine desisterà e ci dipingerà con vividezza le immagini della cruenta morte della principessa e di suo padre.
Il finale acquisisce un maggior alone metafisico. La regia con questa scelta stilistica evoca con efficacia le atmosfere del dramma antico senza snaturarne l'anima e la rende di facile godimento anche a un pubblico giovane, che riuscirà ad avvicinarsi al teatro greco senza annoiarsi, grazie anche ai ritmi e alla costante tensione emotiva che non favoriscono cali di attenzione. Dopo quasi 2500 anni la tragedia di Euripide è capace di condurre lo spettatore verso luoghi inesplorati dell'animo umano, costringendolo a riflettere sulla complessità del dolore come causa scatenante di gesti moralmente inaccettabili, pulsioni controverse, di lotte tra le forze del male e l'amore, di passioni ataviche che soverchiano la ragione.
Susy Suarez

Regia Carlo FINESCHI
Con Federica TATULLI
Scene: Paolo IUDICE
Costumi: Mariella D’ AMICO
Disegno Luci: Luca BARBATI
Le Argonautiche installazione e videografica a cura di Enzo ARONICA

MEDEA: Federica TATULLI
GIASONE: Giovanni GRASSO
CREONTE: Romano TALEVI
EGEO: Camillo VENTOLA
NUTRICE: Cristina PEDETTA
CORO: Alessandra VERDURA
PEDAGOGO: Matteo MILANI
MESSAGGERO: Antonio ROCCO
GUARDIE: Domenico BISAZZA e Giuseppe DE DOMENICO
FIGLI DI MEDEA: Iris DOMINICI e Samuel MORICONI
Assistenti alla regia: Vincenzo CIARDO








sabato 2 marzo 2013

IN NOME DEL PAPA RE-Regia Antonello Avallone (Recensione)


Trasposizione teatrale della celebre pellicola diretta da Luigi Magni, la storia trae origine da un episodio storico realmente accaduto nel 1867, anno in cui un attentato aveva causato la morte di una ventina di zuavi pontifici. Per tale attentato vengono accusati e arrestati tre giovani rivoluzionari: Gaetano Tognetti, Giuseppe Monti e Cesare Costa. La madre naturale di quest'ultimo, la contessa Flaminia, per salvarlo ricorre a Monsignore Colombo di Priverno (Antonello Avallone), giudice della Sacra Consulta o tribunale penale supremo dello Stato Pontificio, il quale scopre di essere in realtà il padre naturale del giovane rivoluzionario. Il monsignore cerca di aver salva la vita degli accusati durante il processo e osa sfidare l'autorità costituita, Pio IX in primis. Il dramma però, si regge su di un piacevole umorismo popolaresco che diverte e aggancia la platea, ma che nello stesso tempo non sminuisce quelli che sono i momenti più toccanti e riflessivi della storia, e soprattutto la critica contro il potere giuridico e temporale, che la chiesa esercita in modo ottuso e intransigente, commettendo gli stessi soprusi che commetterebbe una qualsiasi altra istituzione statale ma giustificandoli dietro la parola di Dio. La commedia scorre in due atti dal ritmo dinamico tra il recitato e il cantato, fitta di personaggi. Coinvolge e commuove il rapporto d'affetto e complicità tra il monsignore e il suo perpetuo Serafino (un Sergio Fiorentini dalla straordinaria presenza scenica) che non mancano di regalarci i momenti più ironici, ma anche di spiazzante tenerezza. Un cast ricco di giovani talentuosi tra cui un sanguigno Emiliano De Martino nel ruolo di Cesarino, illegittimo figlio scapestrato e ribelle del Monsignore, che diverte con la sua sfrontatezza e commuove con la sua caparbietà, regalando un ottima prova d'attore. Scene e costumi eleganti e scrupolosi che rievocano perfettamente ambienti e stili del periodo risorgimentale. Un gradevole salto nella storia della Roma papalina, in un riuscito incontro tra cinema e teatro.

IN NOME DEL PAPA RE 

di Luigi Magni
versione teatrale di Antonello Avallone

con Emiliano De Martino
e con Tonino Tosto, Susy Sergiacomo, Nanni Candelari, Patrizia Ciabatta,
Matteo Lombardi, Flavia Di Domenico, Francesco Marioni, Daniele Di Matteo, Federico Mastroianni.

Scene e costumi Red Bodò
Musiche Danilo Pace
Canzoni T.Tosto e D.Pace
Regia Antonello Avallone