sabato 23 aprile 2022

PERSONE NATURALI E STRAFOTTENTI - Regia di Giancalo Nicoletti


Giuseppe Patroni Griffi scrisse quest'opera in due atti nel
1975 e all'epoca fu accolta come fortemente scandalosa e provocatoria. A distanza di quasi quarant'anni resta un testo potente e viscerale che riporta agli spettatori del nuovo millennio il sapore di una Napoli decadente avvolta nello spirito dei primi anni settanta tra vicoli e case di tolleranza. La sua voleva essere una tragicommedia cruda ma anche poetica ed esilarante, a tratti surreale.

Entrambi gli atti si svolgono all'interno dell'unico ambiente di una camera da letto all'interno dell'appartamento in cui Donna Violante (Marisa Laurito), una ex serva di un bordello (ruolo che fu di Pupella Maggio nella prima edizione del 1974 con la regia dello stesso autore), affitta le camere. Mariacallàs (Giancalo Nicoletti) è un travestito beffardo e malinconico che per la notte di capodanno ha subaffittato la sua stanza, all'insaputa di Donna Violante, a due amanti alla ricerca di un luogo dove consumare una notte di passione indisturbati. I due amanti sono Fred (Giovanni Ansaldo) giovane studente gay e Byron (Livio Bashir) uno scrittore rivoluzionario di colore, conosciutisi quella notte stessa.

La storia di Patroni Griffi, nelle mani del regista Giancarlo Nicoletti, viene svilita dalla totale mancanza di un'idea registica forte e sensata di fondo.

Il fluire drammaturgico procede piatto e stereotipato tra inutili enfatizzazioni e scene madri poco credibili, movimenti incomprensibili e macchinosi. Tutto sembra contro il testo invece che al suo servizio.

Sono le parole le vere protagoniste della storia, ma l'intero mondo di questi quattro personaggi, tra rimorsi, insoddisfazioni e frustrazioni, si perde nell'aree tra battute inutilmente urlate e cantate, in cui l'intenzione si dilegua e il senso perde ogni ragion d'essere. Imbarazzante il siparietto della Laurito che balla come una marionetta delirante nel desolante intento di strappare la risata del pubblico.

Si consumano maltrattati quei dialoghi e quei monologhi, che dovrebbero essere profondi, intensi e toccanti, capaci di rivelare le fragilità e i sogni che coinvolgono ognuno di loro. La Laurito decanta le sue battute sempre uguale a sé stessa, nell'assenza del benché minimo sforzo interpretativo. Nonostante Bashir e Ansaldo siano due giovani attori a cui il talento non manca, ingabbiati da questo impianto le loro potenzialità risultano mortificate e avvilite. La scenografia tenta apparentemente di ricostruire in maniera fedele e verosimile l'interno di una stanza d'appartamento: due grandi immagini votive alle pareti, sei lanterne giapponesi sospese in aria, un letto matrimoniale, un tavolo e un baule. Da ciò l'incoerenza con le funi a vista, le graticce e il muro spoglio del retropalco in bella mostra. Se voleva essere una scelta “stilistica” se ne sarebbero potute trovare altre molto più esteticamente gradevoli. Come suggerisce d'altronde il titolo, il fulcro della storia è la “naturalezza” della diversità, la “strafottenza” di fronte l'ingiustizia e la discriminazione, ma in questa pièce di “naturale” non sembra esserci proprio nulla e la “strafottenza” che si percepisce è solo quella nei confronti del testo che si è cercato di rappresentare.

Susy Suarez 



PERSONE NATURALI E STRAFOTTENTI

di di Giuseppe Patroni Griffi

Aiuto regia GIUDITTA VASILE
costumi 
GIULIA PAGLIARULO
disegno luci 
DANIELE MANENTI
make up artist 
VINCENZO VERDESCA
direttore di scena 
CLAUDIA TAGLIAFERRO
organizzazione 
CINZIA STORARI
foto 
LUANA BELLI
ufficio stampa 
ROCCHINA CEGLIA
distribuzione 
STEFANO PIRONTI – CHIEDISCENA
produzione 
ALTRA SCENA

Regia di GIANCARLO NICOLETTI



venerdì 1 aprile 2022

RISTRUTTURAZIONE - Regia di Sergio Rubini


Come riverbera nel titolo, l'architettura di tutto lo spettacolo si poggia sul concetto di “casa”, intesa come nido, tana, luogo di spiritualità che plasma anche il nostro essere. 
Rubini calca la scena in un flusso di narrazione intervallandosi al leggio con brani scritti, tra gli altri,dall'architetto Ponti, il poeta Gibran e l'architetto e scrittore romano Vitruvio, i quali esaminano in diverse forme e prospettive la visione di architettura intesa come spazio vitale. Rubini rivive insieme al pubblico le tragiche disavventure fantozziane legate alle sue soluzioni abitative, in un viaggio autobiografico attraverso la sua gioventù e il periodo di lockdown, il quale è stato l'ispiratore di questo ritorno sulle scene. Gli aneddoti sono vari ed esilaranti. Ripercorrono il ricordo di navi da guerra affondate, case allagate, l'impari lotta con mefitiche esalazioni di tubature intasate o vasche da bagno che esplodono. E ancora il rapporto con la compagna, quello ancor più complicato con l'analista e infine il suo approccio troppo accondiscendente che lo fa cadere nelle mani di sfacciati ciarlatani. Rubini calca la scena non da comico ma da uomo che con raffinata autoironia ride e lascia ridere delle sue disgrazie. Tutta la pièce, infatti, oltre ad essere deliziosa e divertente, desidera essere una metafora della nostra personale “ristrutturazione” umana dopo il lungo periodo di pandemia che tanto ci ha legati forzatamente alle nostre abitazioni, facendocene scoprire, spesso per la prima volta, pregi e difetti. C'è chi ha iniziato a prendersene più cura o chi se n'è fatto fagocitare. La ristrutturazione non è mai cosa facile, per tutti è un incubo di calcinacci, polvere e rumore, ma poi tutto scompare e quello che resta è qualcosa di più pulito e giusto per noi. O almeno così dovrebbe essere. Anche il governo, come ci ricorda Rubini, offre un “bonus ristrutturazione” come strumento di sostegno per aiutarci dopo un momento difficile. Ristrutturare ogni tanto è necessario, approfittando soprattutto dei momenti più duri. Ricostruirci nel profondo per apprezzare meglio ciò che ci circonda, anche il nostro nido, sia esso un sottoscala, ribattezzato “Il pozzo”, o uno sgabuzzino con terrazza, o ancora un bellissimo appartamento in centro. La scenografia riprende l'ambientazione di un cantiere edile, con secchi di pittura abbandonati qui e là, pennelli, fogli di giornale e coperture di plastica, accurata visione del caos che si crea fuori e dentro di noi quando in casa è in corso una ristrutturazione. Rubini non è da solo in scena, con lui ci sono i “Musica da Ripostiglio” (Luca Pirozzi chitarra e voce, Luca Giacomelli chitarra, Raffaele Toninelli contrabbasso, Emanuele Pellegrini batteria e percussioni), un gruppo musicale pop-swing le cui musiche fanno da contrappunto alla pièce con la loro trascinante allegria. I “Musica da Ripostiglio” non sono nuovi alla collaborazione con attori e registi del panorama teatrale italiano e il loro tratto distintivo è diventato proprio questa peculiarità che li divide tra performance teatrale e il loro lato cantautorale. In chiusura dello spettacolo, Rubini rende omaggio alle sue origini pugliesi, alle quali è notoriamente molto legato, cantando la poesia di un poeta vernacolare di Grumo Appula. Le liriche, composte in dialetto arcaico, sono state arrangiate in una chiave folk-rock che farebbe venir voglia di alzarsi dalle poltrone e ballare. Di sicuro la soddisfazione più grande per l'artista, è ritrovarsi di fronte una platea stracolma e ascoltare le risate scroscianti di un pubblico entusiasta che ride con lui della tragicommedia della vita. Ristrutturazione” con la sua ironia poetica, sprona verso la ricerca di un rinnovato senso di equilibrio dopo la terribile disavventura di questi ultimi due anni, perché non è mai troppo tardi per provare a “ristrutturare” al meglio la nostra identità.

Susy Suarez 

SERGIO RUBINI IN

RISTRUTTURAZIONE
ovvero disavventure casalinghe raccontate da Sergio Rubini

scritto da Sergio Rubini e Carla Cavalluzzi
musiche eseguite dal vivo da Musica da Ripostiglio
Luca Pirozzi chitarra e voce
Luca Giacomelli chitarra
Raffaele Toninelli contrabbasso
Emanuele Pellegrini batteria
regia Sergio Rubini