mercoledì 26 febbraio 2014

LA TEMPESTA - Regia di Valerio Binasco



La forza simbolica e misteriosa di questo capolavoro shakespeariano ha ispirato numerosi registi. E' impossibile non avere la tentazione di scavare nelle mille motivazioni e metafore della vicenda di Prospero, duca di Milano, catapultato su di un'isola deserta assieme alla figlia Miranda, quando questa aveva solo tre anni, a seguito dell'esilio ordito dal fratello Antonio con l'ausilio del Re di Napoli. Un'isola sulla quale, dodici anni dopo, appare all'orizzonte la nave dei suoi atavici nemici, che farà naufragare per adempiere la tanto agognata vendetta. 
L'allestimento di Binasco punta sull'essenzialità. Quinte rossicce che richiamano i colori della sabbia e della desertica desolazione di una isola. Stimabile la decisone di affidare tutta la scena al talento evocativo degli attori, alle musiche inedite di Arturo Annecchino, che ben convogliano e valorizzano l'impatto emozionale delle scene, insieme a soluzioni acustiche interessanti. 
Con Shakespeare a volte è davvero difficile non rendere i momenti descrittivi troppo lenti e prolissi, ma Binasco riesce ad equilibrarli bene con quelli in cui l'azione si fa più intensa, mantenendo sempre un buon ritmo. 
Da apprezzare anche il fatto che non si sia lasciato tentare dall'intraprendere una delle troppo spesso incoerenti derive rivisitazionistiche, che il più delle volte rincorrono inutili sensazionalismi nella spasmodico desiderio di risultare originali e “svecchiare” questi imperituri classici. William sarà anche stanco di rigirarsi nella tomba. 
Di certo c'è molta aspettativa intorno alla regia di Binasco, il quale ci offre un ottimo Prospero, convincente e pieno d' anima. Riesce a guidarci con intensità attraverso la sua vendetta, la passione e la redenzione. Ma la pièce non è priva di falle, come soluzioni attoriali un po' abusate e scontate, soprattutto l'eccessivo uso del dialetto, che almeno per alcuni personaggi appare davvero superfluo. 
L'unica protagonista femminile, Miranda (Deniz Ozdogan), dopo un inizio convincente, perde totalmente di vigore e si adagia su una piattezza che l'accompagnerà fino alla fine. Ammirevole il lavoro sul corpo e sulla voce di Gianmaria Martini, nei panni di Calibano il quale sembra uscito da un girone infernale. Lo schiavo deforme e maltrattato da Prospero, in questa versione ricorda un po' un invertebrato, un Gollum shakespeariano che ha un forte impatto. 
Azzeccata l'idea di mettere nei panni dello spirito Ariel, un anziano signore dalla camminata incerta e gli occhi malinconici, che suscita tenerezza e simpatia. Questo personaggio (interpretato da Fabrizio Contri) racconta di una libertà riconquistata, e dopo aver suscitato musiche e incanti, evocato apparenze mostruose e terrori, guida gli uomini, prima resi folli poi fatti rinsavire, al compimento di un disegno benigno. 
La Popular Shakespeare Kompany offre un'allestimento di ottimo livello di un' opera non affatto semplice da metter in scena. Nelle arti magiche di Prospero, si potrebbe riconosce anche un riferimento al potere illusionistico del teatro stesso: il drammaturgo, proprio come il mago, è colui che sa evocare una realtà fittizia, una vita di fantasia che sulle scene, sembra vivere di vita propria, e rispetto alla quale la vita reale appare non solo come la matrice originaria, ma a sua volta come una occasione per riflettere sulla labilità di tutte le cose.
Susy Suarez


TEATRO VASCELLO (Roma) 
25 febbraio - 16 marzo 2014
 - Popular Shakespeare Kompany

LA TEMPESTA
di William Shakespeare
Regia di VALERIO BINASCO
S
pettacolo della Popular Shakespeare Kompany
con (in o.a.): Alberto Astorri, Valerio Binasco,Fabrizio Contri, Andrea Di Casa, Simone Luglio, Gianmaria Martini, Deniz Ozdogan, Fulvio Pepe, Sergio Romano, Roberto Turchetta, Ivan Zerbinati
Musiche originali: Arturo Annecchino

Scene: Carlo de Marino
Costumi: Sandra Cardini

martedì 25 febbraio 2014

IL CALAPRANZI- Regia di Giorgio Caputo

Il Calapranzi (The Dumb Waiter), è il terzo testo scritto da Harold Pinter nel 1957, all'inizio del suo lavoro di drammaturgo e decisamente quello più «beckettiano».
Questo atto unico vede rinchiusi in uno scantinato due killer, Ben (Francesco Montanari) e Gus (Riccardo De Filippis), in attesa di indicazioni per il loro prossimo incarico. In uno spazio angusto e squallido, i due si scambiano frasi di convenienza, sguardi, considerazioni. Uno squarcio di tempo che potrebbe essere considerato banale, se non fosse per il fatto che i due stanno aspettando di uccidere qualcuno. Un dramma sull’attesa, sull'inquietudine, sul progressivo incremento della tensione. Pinter gioca con dialoghi vuoti, illogici, irrazionali, tutto sul filo dell’assurdo senza mai essere veramente surreale. Ed è proprio intorno al marchingegno di un calapranzi, che inizia a ruotare tutta l'azione. Delle comande iniziano a scendere giù nel loro nascondiglio, ma non sanno chi è che le invii. Ciò innesca l’esplosione dei dialoghi e l’emergere delle due personalità. I due killer esprimono una verità che coglie e rappresenta la meccanicità dei comportamenti e dei dialoghi quotidiani ed al tempo stesso i violenti ed intangibili terrori dell’inconscio.
Sono i due attori a disegnarci le personalità dei personaggi, i quali sembrano perfettamente in parte anche grazie alle loro fisicità: il muscoloso Francesco Montanari, (rigido, autoritario e distaccato), ed il più magro e dinoccolato Riccardo De Filippis (nervoso, emotivo, dal bisogno di parlare e di farsi domande). Anche se i personaggi di Pinter hanno bisogno di un vero e proprio lavoro di cesello per prendere corpo e spessore reale, lavoro che in questo caso sarebbe potuto esser più approfondito, considerando anche il talento dei due interpreti.
La pièce manca un po' di intensità, di quella tensione claustrofobica, quel senso di incombenza che avrebbe potuto essere reso più palpabile. Tutta la situazione è una metafora acuta e nervosa, il materializzarsi di quel senso opprimente di minaccia esistenziale che grava sulla vita di ogni essere umano e che si unisce alla violenza perpetuata da una società che impone le sue regole dall'alto lasciando solo lo spazio per accettarle.
Susy Suarez


TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO
sabato 1 marzo 2014 ore 21.00domenica 2 marzo 2014 ore 18.00
di | Harold Pinter
traduzione di | Alessandra Serra
con | Francesco Montanari e Riccardo de Filippis
regia di | Giorgio Caputo
disegno luci | Giorgio Caputo, Stefano Lattavo
venerdi 28 febbraio ore 18,30 Simone Nebbia incontra Francesco Montanari presso la Biblioteca Quarticciolo

giovedì 20 febbraio 2014

MATERNITY BLUES- Regia Elena Arvigo

Maternity Blues” prima di essere il titolo di questa coraggiosa pièce, è il nome quasi musicale di una patologia, che in realtà,nei giorni immediatamente successivi al parto, colpisce il 70 per cento delle donne, e può trasformarsi in vera e propria depressione. La gravidanza e la maternità non sempre sono uno dei momenti più felici nella vita di una donna, e molte si trovano a dover convivere e lottare con l’ombra di questo squilibrio che in casi estremi può persino sfociare nell'infanticidio. Nella stanza caotica e dimessa che le quattro protagoniste condividono presso una struttura psichiatrica giudiziaria, si consumano le loro giornate di detenute.
Eloisa (Elena Arvigo), nervosa, attaccabrighe, dal passato di alcool e droga e amori violenti ed effimeri, Marga (Elodie Treccani), l'ultima arrivata nell'istituto, la giovane Rina ( Xhilda Lapardhaja) che ancora ha voglia di sognare un nuovo amore e Vincenza (Amanda Sandrelli) che non ce l’ha fatta a sopportare il peso di quattro figli con un marito assente ed affida il suo dolore alla preghiera. Nella loro convivenza forzata, tanti piccoli drammi, alleanze, inimicizie, confessioni e soprattutto un dolore con cui devono fare i conti ogni giorno. Tutto per loro si trascina nervosamente in una vita vuota e fredda, fatta di rancori, ricordi, rimpianti e di incapacità di dare un senso alla quotidianità, che si incanala in una serie di ritualità che riempiono il tempo senza farlo vivere. La regia di Elena Arvigo riesce con efficacia a ricreare il sapore di realistico della loro intima quotidianità, come se stessimo spiando dal buco della serratura della cella, fatta di quattro brandine ed un tavolo. Intuizioni registiche che riescono in maniera convincente a sottolineare il vuoto e il disorientamento che provano le protagoniste, ma anche il senso di claustrofobia e di vertigine che le attanaglia. Le attrici sono state dirette con sensibilità ed attenzione. Sono le pause ed i silenzi a riempire la scena più delle parole, ed esprimono la forza tragica delle loro differenti interiorità, affrontando un' indagine senza assoluzione né condanna.
Il cosiddetto "istinto materno", che secondo l'opinione comune è impensabile possa vacillare, tanto meno cedere a un simile abominio, è in un certo senso demistificato e considerato, come altri istinti umani, ugualmente vulnerabile.
Sorprende invece come queste donne scelgano di vivere, giorno dopo giorno, abituandosi a una dannazione, da cui non potranno mai liberarsi del tutto. E' sorprendente, come recitano le parole di una delle donne: "Quanto può essere ostinato e resistente il cuore di una donna."
Susy Suarez

Dal 18 febbraio al 2 marzo

MATERNITY BLUES

di Grazia Verasani

Regia Elena Arvigo
con
Elodie Treccani - Marga
Amanda Sandrelli  - Vincenza
Xhilda Lapardhaja
- Rina
Elena Arvigo - Eloisa

Teatro Belli
Piazza di Sant'Apollonia, 11, 00153 Roma
06 589 4875

lunedì 17 febbraio 2014

LA VEDOVA SCALTRA- Regia di Ester Cantoni

"La Vedova Scaltra” è l'opera di Goldoni dal maggior respiro Europeo, che, rappresentata per la prima volta nel 1748 a Venezia durante il Carnevale, fece da spartiacque tra la Commedia dell’Arte e la Commedia Nova.
In questo caso il testo è stato rimaneggiato con acume, modernizzato senza perdere il suo sapore goldoniano ed i toni vivaci ed irrequieti della commedia dell'arte.
Le vicende ruotano attorno a Rosaura, una furba e conturbante vedova che, dopo la morte dell’anziano marito, è decisa a trovare un nuovo sposo. A lei si offrono quattro pretendenti: il francese Monsieur Le Blau ( Giuseppe Renzo), lo spagnolo Don Alvaro De Castiglia (Pierre Bresolin), l'inglese Milord Runebif (Andrea Zanacchi) e l'italiano Conte di Bosco Nero (Riccardo Balestra)
La scaltrezza di Rosaura ed il suo desiderio di concedersi all'uomo più meritevole, i confusionari servigi dell’instancabile Marioletto, (Francesco Siggillino) condurranno la farsa a lieto fine? Di certo porteranno la vedova a compiere la decisione più saggia.
Tutti i quattro pretendenti colorano e caratterizzano alla perfezione i loro personaggi, che ricalcando i tratti delle classiche “maschere” ed incarnano i cliché legati alla cultura dei paesi dai quali provengono: il serio e compassato inglese, il focoso e tracotante spagnolo, l'elegante e vanesio francese.
Lo spettatore seguirà con gusto la trama fatta di intrighi, biglietti d’amore, dame misteriose e travestimenti. Una girandola di gag, equivoci, manovrati dall'impacciato e fedele servo Marioletto, il quale si fa tramite delle pulsioni che veicola dentro e fuori la casa di Rosaura, fino a perderne il filo e condurre i pretendenti al duello. Sarà il Carnevale con i suoi travestimenti a suggerire la soluzione alla vedova, che metterà a dura prova le intenzioni dei quattro, proponendosi a loro sotto mentite spoglie e a volto coperto, per solleticare la loro libidine e indurli a rinnegare l’amata alla quale hanno dichiarato eterno amore con doni e dolci pensieri.
Rosaura (un'accattivante ed ironica Ester Cantoni) alla fine con la sua scaltrezza farà calare la maschera a tutti rivelando la loro vera natura e svelando il prescelto.
Originale l'ambientazione anni 20 rievocata nei costumi e nelle musiche e valorizzata da una messa in scena snella e diretta con limpidezza, dal ritmo brillante ed energico.
Questa “Vedova Scaltra” è l'occasione per godere di un classico della commedia, che nella sua leggerezza, non smette di conservare una forza espressiva e contenutistica imperitura.
Susy Suarez


LA VEDOVA SCALTRA
da Carlo Goldoni 
con GIUSEPPE RENZO, PIERRE BRESOLIN, 
ANDREA ZANACCHI, RICCARDO BALESTRA,
FRANCESCO SIGGILLINO

adattamento e regia 
Ester Cantoni
TEATRO S PAOLO 
DAL 14 FEBBRAIO AL 9 MARZO 2014
dal martedì al sabato ore 21.00, domenica ore 17.00 



venerdì 14 febbraio 2014

L'AMORE QUANDO C'ERA- Regia Pascal La Delfa

Amanda è sola e triste, Amanda, dodici anni prima, ha lasciato andar via Tommaso, e da allora, benché accompagnata da fugaci amori, le è rimasto solo il rimpianto di aver perduto per sempre la felicità. Ha lasciato il suo compagno con poche battute, come succede per le grandi storie che si consumano al punto tale che resta poco da dire, alla fine, quando ci si è dati tutto e si ritorna al nulla. Una mail di condoglianze diventa il modo per riallacciare rapporti. La ragazza ne approfitta per chiedere di lui, della sua vita, per vedere se lui, senza di lei, è stato in grado di trovarla quella felicità tanto agognata e quel silenzio durato anni, viene rotto da un nuovo rapporto. Ma poi succede veramente così? Una vecchia passione può riprendere a bruciare, o quando un fuoco si è spento bisogna lasciare che le ceneri finiscano di consumarsi? I due avviano una fitto scambio di sms ed e-mail in cui si raccontano questi dodici anni lontano parlando delle loro soddisfazioni, dei traguardi raggiunti e delle delusioni, si lasciano andare ai ai ricordi di un tempo passato di cui non hanno mai dimenticato il sapore.
Il minuto e grazioso Accento Teatro nel cuore di Testaccio, è la cornice giusta per la messa in scena di questo testo, e per riportare allo spettatore la calda intimità che si riaccende tra i due protagonisti. L'impianto scenico è stato reso abilmente funzionale alla narrazione e permette allo spettatore di “spiare” lo schermo dei cellulari e dei computer dei due protagonisti, di leggere i messaggi e le mail che i due si scambiano con assiduità. 
Eva Milella riesce perfettamente a rimandarci le inquietudini di Amanda, le sue incertezze, le risposte a quelle domande che cerca nei temi dei propri alunni, come se i giovani nella loro semplicità potessero essere oracoli pronti a sbrogliare la matassa delle sue confusioni. Ottima intesa con Daniele Coscarella (Tommaso) che sa caratterizzare la particolare ironia ma anche nostalgica amarezza che pervade il suo personaggio, in modo piacevole e delicato. 
Questo spettacolo offre spunti di riflessione sui rapporti non solo di coppia, ma anche familiari ed affettivi in generale. Una storia che alla fine non ha nulla di melenso o favolistico, ma che è il ricordo di un sentimento forte, sono le grandi contraddizioni della natura umana, messe in fila senza sentimentalismo. “Si può diventare orrendi, a stare insieme. Nessuno rischia di farci esprimere la nostra bassezza e la nostra volgarità come chi può considerare il vederci nudi un’abitudine. Chi ha dato tutto all’altro sa di cosa si sta parlando...” Anche i grandi sentimenti si incagliano nella vita, nelle cose di tutti i giorni. Per lo spettatore è quasi impossibile non pensare ad una relazione passata, ad un'amicizia perduta, a come alcune scelte avrebbero potuto cambiare tutto, o a come altre lo hanno fatto, ma bisogna avere il coraggio di affrontare i propri limiti e di saper voltare pagina, senza restare aggrappati all'inutile nostalgia dell'amore quando c'era, o almeno quando credevano ci fosse.
Susy Suarez


L’AMORE QUANDO C’ERA




dal 6 al 23 Febbraio 2014
dal Giovedì al Sabato ore 21  – Domenica ore 18
Roma – Via Gustavo Bianchi, 12 /a (Testaccio)
con Daniele Coscarella ed Eva Milella
Regia Pascal La Delfa -Scene  Alessandra Ricci - aggrappati all'inutile
Foto Pierpaolo Ridondo – Progetto Daniele Coscarella.

ACCENTO TEATRO Via Gustavo Bianchi, 12 /a Testaccio 00153 Roma Tel . 06/57289812
www.accentoteatro.it   info@accentoteatro.it