Questa non è solo una
pièce teatrale, ma la rievocazione di un pezzo di storia, una vera e
propria operazione di “teatro della memoria”. Nulla è inventato
di questo testo di Massimiliano Palmese che è un eccellente
lavoro di recupero di scritti, poesie del Braibanti, atti
processuali, dichiarazioni, e testimonianze, a ricostruzione della
lunga inchiesta che incendiò negli anni sessanta le cronache di quel
tempo, per poi esser messa sapientemente a tacere. Prova ne è il
fatto che molto poco si ricordi del contributo artistico e culturale
di questo intellettuale, totalmente soffocato dalla cortina di
silenzio che avviluppò il suo nome subito dopo la vergognosa
condanna che gli fu inflitta.
La sua non fu solo una
storia di pregiudizio sessuale, ma anche e soprattutto intellettuale
ed ideologico, in un contesto sociale in cui si considerava
“pazzesco” che un ragazzo (Giovanni Sanfratello, giovane compagno
di Braibanti) potesse volontariamente sottrarsi all'ordine costituito
e rinunciare alle agiatezze di una famiglia altoborghese, per
allontanarsi da un mondo di valori in cui non si riconosceva.
Giovanni ebbe il coraggio di affermare la propria individualità e
fuggire da una vita di scelte obbligate basate sul giudizio e sul
dovere per intraprende una “scandalosa” relazione con il più
maturo l'intellettuale.
La condanna di Braibanti
fu una “punizione
esemplare”, un monito verso coloro che avevano l'ardire di
affermare
la propria autonomia di spirito.
Giovanni
e Aldo si trovarono entrambi a subire la violenza delle
determinazioni sociali, in un Italia clericale ed omofoba, purtroppo
non troppo lontana da quella odierna, poiché nonostante molto si sia
fatto e si stia facendo, il nostro paese a
causa delle ingerenze della chiesa, è sempre stato un passo indietro
rispetto agli altri stati, e proprio uomini di cultura come Braibanti
hanno tentato di redimere
la società dalle categorie entro cui il cristianesimo si fonda: il
senso di colpa ed una fede che chiede
obbedienza cieca e rinuncia ai sentimenti naturali.
La regia di Marini si
basa su due sedie, un sax suonato dal vivo da Stefano Russo, e la
forza dell'interpretazione di due ottimi attori, quella asciutta e
sincera di Fabio Bussotti, e la sempre appropriata ed efficace di
Mauro Conte, attraverso i quali passano un caleidoscopio di
personaggi diversi, alcuni un po' caricati a sottolinearne lo
squallore, dai medici, agli avvocati, i giudici, i testimoni, i
genitori distrutti dal dolore per il figlio “perduto” ma capaci
senza remore di farlo internare in un manicomio.
La musica del sax
trapunta lo spettacolo, a tratti malinconica a tratti posta a
commento delle parole dei personaggi che nella loro abietta
meschinità, riescono persino a strapparci amari sorrisi.
E'
lodevole il modo in cui questa pièce sottragga tale vicenda all'oscurantismo dei gestori dell'informazione e riabiliti la figura
di un intellettuale, martire
suo malgrado dell'ignoranza e dell' inciviltà, di
cui troppo poco si ricorda. Un
processo durato quattro anni, i cui toni da inquisizione medioevale
non dovrebbero smettere mai di indignare, portato
in scena con grande ammirevole riguardo.
Susy
Suarez
IL
CASO BRAIBANTI
24
aprile alle ore 21.00
fino a 29
aprile alle ore 19.00
di
Massimiliano Palmese
con
Fabio Bussotti e Mauro Conte
musiche
composte da Mauro Verrone
eseguite
live da Stefano Russo
regia
Giuseppe Marini
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