giovedì 26 aprile 2012

IL CASO BRAIBANTI (Recensione)


Questa non è solo una pièce teatrale, ma la rievocazione di un pezzo di storia, una vera e propria operazione di “teatro della memoria”. Nulla è inventato di questo testo di Massimiliano Palmese che è un eccellente lavoro di recupero di scritti, poesie del Braibanti, atti processuali, dichiarazioni, e testimonianze, a ricostruzione della lunga inchiesta che incendiò negli anni sessanta le cronache di quel tempo, per poi esser messa sapientemente a tacere. Prova ne è il fatto che molto poco si ricordi del contributo artistico e culturale di questo intellettuale, totalmente soffocato dalla cortina di silenzio che avviluppò il suo nome subito dopo la vergognosa condanna che gli fu inflitta.
La sua non fu solo una storia di pregiudizio sessuale, ma anche e soprattutto intellettuale ed ideologico, in un contesto sociale in cui si considerava “pazzesco” che un ragazzo (Giovanni Sanfratello, giovane compagno di Braibanti) potesse volontariamente sottrarsi all'ordine costituito e rinunciare alle agiatezze di una famiglia altoborghese, per allontanarsi da un mondo di valori in cui non si riconosceva. Giovanni ebbe il coraggio di affermare la propria individualità e fuggire da una vita di scelte obbligate basate sul giudizio e sul dovere per intraprende una “scandalosa” relazione con il più maturo l'intellettuale.
La condanna di Braibanti fu una “punizione esemplare”, un monito verso coloro che avevano l'ardire di affermare la propria autonomia di spirito.
Giovanni e Aldo si trovarono entrambi a subire la violenza delle determinazioni sociali, in un Italia clericale ed omofoba, purtroppo non troppo lontana da quella odierna, poiché nonostante molto si sia fatto e si stia facendo, il nostro paese a causa delle ingerenze della chiesa, è sempre stato un passo indietro rispetto agli altri stati, e proprio uomini di cultura come Braibanti hanno tentato di redimere la società dalle categorie entro cui il cristianesimo si fonda: il senso di colpa ed una fede che chiede obbedienza cieca e rinuncia ai sentimenti naturali.
La regia di Marini si basa su due sedie, un sax suonato dal vivo da Stefano Russo, e la forza dell'interpretazione di due ottimi attori, quella asciutta e sincera di Fabio Bussotti, e la sempre appropriata ed efficace di Mauro Conte, attraverso i quali passano un caleidoscopio di personaggi diversi, alcuni un po' caricati a sottolinearne lo squallore, dai medici, agli avvocati, i giudici, i testimoni, i genitori distrutti dal dolore per il figlio “perduto” ma capaci senza remore di farlo internare in un manicomio.
La musica del sax trapunta lo spettacolo, a tratti malinconica a tratti posta a commento delle parole dei personaggi che nella loro abietta meschinità, riescono persino a strapparci amari sorrisi.
E' lodevole il modo in cui questa pièce sottragga tale vicenda all'oscurantismo dei gestori dell'informazione e riabiliti la figura di un intellettuale, martire suo malgrado dell'ignoranza e dell' inciviltà, di cui troppo poco si ricorda. Un processo durato quattro anni, i cui toni da inquisizione medioevale non dovrebbero smettere mai di indignare, portato in scena con grande ammirevole riguardo.
Susy Suarez

IL CASO BRAIBANTI
24 aprile alle ore 21.00 fino a 29 aprile alle ore 19.00
di Massimiliano Palmese
con Fabio Bussotti e Mauro Conte
musiche composte da Mauro Verrone
eseguite live da Stefano Russo
regia Giuseppe Marini

Nessun commento:

Posta un commento