In questo famoso dramma di Pirandello il tema centrale è quello a lui molto caro dell' ”identità” . Indaga il rapporto fra l’identità di una persona e se stessa come depositaria del proprio passato, dei propri ricordi, dei propri sentimenti, e il mondo relazionale che tutto ciò comporta.
La
protagonista del lavoro è una donna che vive a Berlino, dove al
termine di un trascorso non chiaro, ambiguo, forse molto doloroso, di
cui ella stessa preferisce non parlare, da alcuni mesi è amante di
uno scrittore, Karl Salter.
Proprio
qui a Berlino viene riconosciuta da una certo Boffi come Lucia, una
donna, moglie del suo amico italiano Bruno Pieri, che è andata
dispersa durante gli eventi bellici della Prima Guerra Mondiale,
probabilmente catturata e violentata dalle truppe austriache che
avevano invaso la loro casa, e forse sopravvissuta a tanto strazio
per viverne forse altrettanto in terra straniera.
Il
riconoscimento, vero o falso che sia, apre un conflitto interiore
nella donna che lascia l’amante, e torna in Italia col presunto
marito.
In
Italia vive segregata per alcuni mesi, in attesa di un riconoscimento
ufficiale da parte della famiglia.
Ottimo
il riadattamento di Masolino D'amico che riduce di molto ma non
tradisce per nulla l'anima del testo pirandelliano, ne stravolge il
linguaggio e l'ambientazione, che resta quella classica dei primi del
900.
Molto
suggestive le coreografie, i cambi scena sembrano delle danze
affascinanti e abilmente strutturate insieme a elementi scenici
fortemente evocativi, quali le cornici che danno e tolgono vita ai
personaggi.
Il
testo non è semplice e richiede molta attenzione da parte dello
spettatore, specialmente se non abituato a un determinato tipo di
teatro, poiché la forza della filosofia pirandelliana è nascosta
più che nella trama, tra le parole, e nel modo e nei tempi con le
quali vengono espresse.
Le
donne hanno sicuramente un ruolo centrale. Appropriata e gradevole
l'interpretazione di Fancesca
Farcomeni nel doppio ruolo della figlia di Salter e della
sorella di Cia, così come Crescenza
Guarnieri (la Zia Lena). Nulla da eccepire anche nelle appropriate
interpretazioni del cast maschile tra cui Arcangelo Iannace (lo Zio
Salesio), o il bravo e bello Andrea Gherpelli, convincente e ben
misurato nel ruolo di Pieri, il marito di Cia.
Un
regia scrupolosa e raffinata, un ottimo spettacolo se solo tutto il
castello non si reggesse per forza di cose sulla protagonista,
Lucrezia Lante della Rovere, la quale dovrebbe essere il perno
vibrante della pièce.
Indubbio
l'impegno che dimostra nell'offrirsi al pubblico, ma forse è proprio
troppo zelante nel cercare di trasmettere un pathos
che finisce col trasformarsi in uno stucchevole lamentoso cantico
che mette a dura prova i nervi.
Uno
spettacolo a cui nonostante ciò vale la pena assistere, proprio per
la sua ottima costruzione e soprattutto perchè approcciarsi a un
testo di Pirandello è sempre un
occasione di godimento e autoanalisi.
Noi
siamo ciò che facciamo. Ognuno è per il mondo e per sé, solo quel
che fa, laddove le azioni diventano l’unica misura del nostro
essere.
“Essere?
Essere è niente! Essere è farsi"
Susy Suarez
COME TU MI VUOI
libero
adattamento Masolino
D’ Amico
con
Crescenza
Guarnieri
e Simone
Colombari
Raffaello
Lombardi, Arcangelo Iannace, Andrea Gherpelli, Francesca Farcomeni
Scene
Francesco Ghisu
Musiche
originali
Paolo Daniele
Costumi
Annapaola Brancia D’apricena
Luci
Valerio
Peroni
Lisa
angiolillo
Coreografia
“Come tu mi vuoi” di
Simone Di Pasquale
e
Daniela Ayala
regia
di Francesco
Zecca
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