In
scena al teatro Eutheca di Roma dal 7 al 17 marzo, il mito senza
tempo di Medea, uno dei classici greci maggiormente rappresentati e
sottoposto a mille riadattamenti più o meno appropriati.
L'ambientazione
di questa Medea per la regia di Carlo Fineschi è quella molto
originale di un luogo non luogo, sospeso in un atmosfera post bellica
in cui il palazzo reale di Giasone è un bunker di metallo dalle mura
irte di filo spinato contornato di macerie, una grigia prigione
all'interno della quale si consuma la tragedia. I personaggi sono
tutti avviluppati in lunghi cappotti scuri, compresi gli elementi del
coro, che seduti tra il pubblico fanno da eco al dolore e alla
fredda determinazione della protagonista, la quale spesso nel suo
dissertare si rivolge direttamente agli spettatori coinvolgendoli
emotivamente con la forza del suo sguardo. Un mondo incolore, grigio
e tetro entro cui però, il capolavoro di Euripide mantiene intatta
la sua forza drammatica. La tragedia, seppur risalente al V secolo
prima di Cristo, affronta temi sempre attuali. Medea rappresenta una
donna padrona del proprio destino, capace di sacrificare la sua vita
in nome dell'amore, ma nello stesso tempo dotata di intelligenza e
astuzia, che utilizza come armi di vendetta nel momento in cui
quell'amore viene tradito miseramente.
Medea inoltre, è vittima
della paura dell'estraneo, poiché è straniera in terra straniera e
alla fine si ritrova a interpretare esattamente il ruolo negativo
che le viene pregiudizialmente affidato.
La
Medea di Federica Tatulli è molto misurata e composta, sia nel suo
dolore che nella sua fredda e lucida ferocia. Un interpretazione che
ne sottolinea il controllato calcolo, l'amarezza e la rassegnazione.
Solo
un breve istante di indugio la allontana dal suo proposito, l'umanità
affiora in lei in uno dei momenti più toccanti in cui dopo aver
ucciso la figlia di Creonte , giunge a dover compiere l'atto
estremo, uccidere i suoi stessi figli.
Questa
è una Medea che non disperde la sua intensità nell'esternazione
plateale del gesto e della parola, la pièce punta più alla
partecipazione viscerale degli attori. Tutti i personaggi ruotano
ovviamente intono a Medea, ma sanno sostenerla con padronanza e
vigore. Alla sua compostezza si contrappongono gli impeti di un
severo Creonte e l'irruenza di un furibondo Giasone, o del
messaggero, il quale armato di pistola lotta con l'impulso di
sparare alla donna che ha ucciso la figlia del re e che senza pudore
lo ammette con orgoglio davanti ai suoi occhi. Egli alla fine
desisterà e ci dipingerà con vividezza le immagini della cruenta
morte della principessa e di suo padre.
Il
finale acquisisce un maggior alone metafisico. La regia con questa
scelta stilistica evoca con efficacia le atmosfere del dramma antico
senza snaturarne l'anima e la rende di facile godimento anche a un
pubblico giovane, che riuscirà ad avvicinarsi al teatro greco senza
annoiarsi, grazie anche ai ritmi e alla costante tensione emotiva
che non favoriscono cali di attenzione. Dopo quasi 2500 anni la
tragedia di Euripide è capace di condurre lo spettatore verso luoghi
inesplorati dell'animo umano, costringendolo a riflettere sulla
complessità del dolore come causa scatenante di gesti moralmente
inaccettabili, pulsioni controverse, di lotte tra le forze del male e
l'amore, di passioni ataviche che soverchiano la ragione.
Susy
Suarez
Regia
Carlo FINESCHI
Con
Federica TATULLI
Scene:
Paolo IUDICE
Costumi:
Mariella
D’ AMICO
Disegno
Luci:
Luca BARBATI
Le
Argonautiche installazione e videografica a cura di Enzo ARONICA
MEDEA:
Federica TATULLI
GIASONE:
Giovanni GRASSO
CREONTE:
Romano TALEVI
EGEO:
Camillo VENTOLA
NUTRICE:
Cristina PEDETTA
CORO:
Alessandra VERDURA
PEDAGOGO:
Matteo
MILANI
MESSAGGERO:
Antonio ROCCO
GUARDIE:
Domenico BISAZZA e Giuseppe DE DOMENICO
FIGLI
DI MEDEA: Iris DOMINICI e Samuel MORICONI
Assistenti
alla regia:
Vincenzo CIARDO
Nessun commento:
Posta un commento