Il regista Alessandro
Machìa porta
in scena al teatro Argot Studio “Sorella con fratello”, il testo
di Alberto
Bassetti
che
chiude un' ideale “trilogia
della famiglia”
(composta da Le due sorelle e I due fratelli, premio
Vallecorsi 2013).
Questo atto unico, che vede protagonisti una sorella e un fratello
appunto, è un dramma privato, che monta intorno al senso
di colpa, all'amore malato, morboso, all'ossessione che sfocia in
follia, al delitto, alla ricerca disperata di una improbabile
redenzione. Lea (Alessandra
Fallucchi)
sta per uscire da una detenzione di dieci anni in una struttura
psichiatria in seguito all'accusa di matricidio. Leo (Alessandro
Avarone)
suo fratello, costantemente presente e dedito alla sorella, anche
durante gli anni della reclusione, è venuto a prenderla e a portarla
finalmente via con sé. La storia si dipana con ritmo serrato e
crescente attraverso il dialogo tra i due giovani, i quali si trovano
ineluttabilmente al momento della verità, delle confessioni, della
resa dei conti. Si innesca una lotta verbale che rivela
il rapporto
grottesco e malato che ha legato i due protagonisti, il mondo
interiore complesso e contraddittorio di entrambi, il rapporto con la
realtà fragile e allucinatorio. La scena è quasi vuota; una sedia,
una tastiera e un microfono. Lea viene da un passato di cantante
dalla vita sregolata tra droga e alcool. Il fratello la incita a
riprendere a cantare, insieme a lui, in un sogno delirante di fama e
possesso. La donna accompagnata dal fratello alla tastiera, canta con
voce dolente e incolore, come desse suono alla sua anima ormai troppo
bistrattata e vilipesa dalla vita, ma imprevedibilmente sarà
lei la più lucida e determinata nella sua decisione finale. Dal
soffitto, sempre in penombra, incombe sulla scena un crocifisso,
emblema di una morale cristiana tossica e borghese, in cui i concetti
di senso di colpa e di condanna, gravano su tutto. Catturante e
sicuramente emotivamente impegnativo, il lungo e liberatorio monologo
di Leo, in cui il fratello racconta per la prima volta alla sorella,
e forse anche a sé stesso, quel che aveva sempre creduto un
“segreto”. Avarone con la giusta misura di pathos e tensione,
guida lo spettatore giù, nei meandri del suo inferno. La regia è
coerente e misurata, per un testo che non ha bisogno di mirabolanti
trovate per arrivare allo stomaco. Entrambi vittime e carnefici, Leo
e Lea ci raccontano come l'amore, anche fra due fratelli, possa
esplodere e bruciare, fino a capovolgersi e profanarsi fino
all'estremo.
Susy
Suarez
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