“Jakob Von
Gunten” in scena al teatro India di Roma dal 13 al 17 giugno è
tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore svizzero Robert Walser
il cui protagonista è il giovane Jakob
(Andrea Bosca) il quale decide di entrare
nell' Istituto Benjamenta per imparare l'arte di servire, gli
allievi però, invece che essere istruiti, sono abbandonati a loro
stessi e alla loro indolenza.
Sarà
in
particolare l’amicizia di Kraus (Emiliano Masala), uno studente
diligente e zelante, ad aiutare Jakob a trascorrere le monotone
giornate nell’Istituto, che appare subito come un
mondo parallelo a quello reale, un
“non-luogo” in cui ci si sente sospesi e chiusi come pesci in
una boccia. La
sola docente “attiva” della tetra scuola è Lisa (Monica Piseddu)
la sorella del severo direttore dell’istituto, Herr Benjamenta
(Alberto Astorri), una donna angelica e triste che Jakob scruta da
lontano e per la quale il ragazzo nutre un sentimento di timida
venerazione. Jakob “prigioniero” volontario tra le mura della
scuola fatta di aule spoglie e buie, polverose stanze vuote ed
appartamenti segreti, con il passare del tempo prende coscienza che
in realtà l’istituto è solo un imbroglio.
E'
chiaramente stato fatto un grande lavoro di studio e
riadattamento del testo e la ricerca di un linguaggio non
convenzionale, astratto, che
unisce tutte le componenti espressive della recitazione teatrale,
sicuramente non facile ed immediato, ma che sviscera i
significati più reconditi dell'opera e che presuppone una
partecipazione intellettuale attiva per decifrarne i messaggi.
Andrea
Bosca, che ha visto nell'ultimo anno la sua carriera decollare tra
fiction e cinema, dimostra in questa prova d'attore grande passione
per il suo mestiere, avendo evidentemente svolto un lavoro sul
personaggio molto accurato, così come gli altri attori della
compagnia, che dosano con perizia tutti gli enigmatici equilibri di
gesti e parole.
Lo
spettacolo riesce ad avvicinarsi il più possibile a ciò che sta
oltre le parole ed ad immergerci in un mondo deformato, che ha regole
e misure diverse dalle nostre, a farci respirare le
atmosfere claustrofobiche, il misto di attesa, di disagio e
precarietà, a farci vivere il fascino
onirico di un mondo di altri tempi.
SUSY SUAREZ
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