domenica 12 gennaio 2020

DITEGLI SEMPRE DI SI'-Regia di Roberto Andò




Ditegli sempre di sì” in scena al teatro Ambra Jovinelli dall’ 8 al 19 gennaio è uno dei primi successi firmato Eduardo De Filippo. Scritto nel 1925 Eduardo lo destinò, quale primo interprete, a Vincenzo Scarpetta. Col tempo tuttavia ci si affezionò molto e vi furono varie riproposizioni tra cui la meravigliosa versione televisiva del 1962. Il protagonista è Michele Murri, il quale dopo un anno d'assenza torna a casa della sorella. Michele non rientra da un lungo viaggio d’affari, come si vuol far credere agli amici e ai vicini, bensì da un anno passato in un manicomio e dimesso dopo essere stato considerato dal suo medico ufficialmente pronto alla riabilitazione nella vita quotidiana. Diagnosi che, col dipanarsi della vicenda, vedremo rivelarsi fallace. Roberto Andò sembra essere rimasto fedele all'impianto registico di De Filippo, allo stile e alla forma del teatro classico di tradizione napoletana, evitando tediose rivisitazioni o la ricerca forzata di scialbe originalità, e lo fa in maniera ineccepibile dal punto di vista formale. “Ditegli sempre di sì”, come tutte le fortunate opere di De Filippo, racconta la società italiana del novecento ponendo l’interesse focale sul nucleo familiare, il vero specchio della cultura napoletana, e attraverso il tema della follia offre una sagace analisi dell'assurdità dei comportamenti sociali.
In scena un cast numeroso di indubbia professionalità.
Il teatro di De Filippo si distingue per specifici caratteri e maniere, ovviamente intriso da un umorismo che si esprime attraverso la musicalità dell' inflessione e del dialetto napoletano, dialetto che ha i suoi tempi e i suoi equilibri, che sono quelli della verità, in questo caso però edulcorati in favore di una recitazione dai ritmi eccessivamente accelerati, dai toni farseschi e manieristici spinti troppo fuori dal seminato per una pièce di livello come questa. Questa scelta non aggiunge nulla all'opera, non la rende né più divertente né più agile, ma ne svilisce l'autenticità e la profonda attualità.
Il lato farsesco è solo parte dell'intreccio, ma in questo caso sembra si sia voluto conferire a tutti i personaggi un aspetto esasperatamente macchiettistico che li limita e li appiattisce.
Michele Murri è il perno della commedia, sia perché ne è il protagonista, sia perché il suo interprete, Gianfelice Imparato, al cinema, in tv o in teatro, riesce sempre ad attribuire ai suoi personaggi una speciale autenticità che gli appartiene, e in cui riverberano naturalmente le corde di Eduardo. Il suo Michele funziona: con le ingenuità, i balbettii, l'incedere incerto e buffo che inteneriscono e divertono allo stesso tempo. Michele prova a rapportarsi con gli altri secondo un proprio codice linguistico, cerca il ragionamento ossessivamente, prende tutto alla lettera, puntualizza ogni cosa che gli viene detta con una precisione maniacale. La pazzia di Michele appare come una forma patologica di innocenza, di purezza senza filtri che non può essere compresa all'interno dei meccanismi del vivere comune, fatto di convenzioni, ipocrisie, inganni, illogicità ed egoismi. Per questo involontariamente innesca una serie di fraintendimenti, equivoci e ironie sulle quali si impernia tutta la commedia.
Insieme a Michele a sostenere le scene più esilaranti e in fine anche più toccanti dell'opera è Luigi (Edoardo Sorgente), studente spiantato e fannullone che prova a fare l'artista con scarsi risultati. Sorgente spicca indubbiamente per l'incredibile energia con la quale cavalca la scena. Spassoso il momento in cui intorno al tavolo Luigi recita una poesia per far colpo sulla sua amata, di cui segretamente è innamorato anche Michele.
Eleganti e appropriate le scene e il disegno luci di Gianni Carluccio, dal salotto della casa della vedova Teresa Lo Giudice (Carolina Rosi) del primo atto, sino alla tavola da pranzo nella residenza di campagna dell'amico di famiglia Vincenzo Gallucci (Gianni Cannavacciuolo). Sarà qui infatti dove tutti si ritroveranno nel secondo atto e si compierà il sorprendente epilogo.
Michele si sente frustrato e fuori posto non riuscendo più a comprendere, e barcolla sul confine tra lo sragionare e il ragionare oltremodo, portandoci a considerare come in fondo la follia possa essere null'altro che una forma di eccessiva lucidità.
Poetico ed evocativo il quadro finale in cui tutti i personaggi indossano giacche e camicie bianche, citando il tipico abbigliamento dei malati mentali nei manicomi. In fondo come diceva Alda Merini: “Chi decide chi è normale? La normalità è un'invenzione di chi è privo di fantasia”.
Susy Suarez



DITEGLI SEMPRE DI SI’”
di Eduardo De Filippo
con (in ordine di apparizione) Carolina Rosi, Paola Fulciniti, Massimo De Matteo, Edoardo Sorgente, Vincenzo D'Amato, Gianfelice Imparato, Federica Altamura, Andrea Cioffi, Nicola Di Pinto, Viola Forestiero, Boris De Paola, Gianni Cannavacciuolo
scene e luci Gianni Carluccio
costumi Francesca Livia Sartori
regia Roberto Andò
produzione Elledieffe – La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo
Fondazione Teatro della Toscana

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