Siamo
in un inferno post punk in cui tutto, dalle musiche, ai costumi,
all'atmosfera dark, riporta alla Londra dei rock clubs. Sullo fondo
uno schermo sul quale una telecamera proietta immagini dello
spettacolo riprese dal vivo, dei frammenti di scena, dettagli di
volti. Al contempo un uomo inizia a dipingerlo, e continuerà a farlo
per tutta la durata della pièce, con forti e vigorose pennellate di
vernice nera, che sulle prime sembrano confusionarie e casuali, una
massa informe di linee di cui solo alla fine riusciremo a distinguere
il senso.
A
darci il benvenuto in questo scenario, Yorick, il famigerato buffone
di corte di Amleto, che nella tragedia non compare se non in forma di
teschio, e che il principe di Elsinore rievoca nei suoi ricordi con
malinconico affetto. In questo caso però, proprio lui in carne ed
ossa, ci fa da saggia guida, ed osserva il sopraggiungere delle anime
di Amleto ed Ophelia che nello sconcerto si ritrovano nel cupo limbo.
Il
testo è stato destrutturato per veicolare la parte più infantile
dei due protagonisti, il disagio che affonda le radici quasi sempre
nella fanciullezza, a cui si resta attaccati come al sogno di un
paradiso perduto distorto dal tempo. Bambole, vecchie foto, bicchieri
di latte, un lettino, tutto ha il sapore del ricordo, oggetti che
portano all'infanzia, al senso di sconfitta e fuga dal mondo.
Hamletophelia
si potrebbe definire uno spettacolo di ricerca, in cui Luca Gaeta
psicoanalizza i due celeberrimi personaggi, entrambi annientati dal
dolore di vivere in una realtà a loro avversa. E' un indagine
sull'oppressione del ricordo, sulle ossessioni antiche che ci
perseguitano. Entrambi sono incapaci di vivere una esistenza libera
dai fantasmi del passato e si confessano, si purificano in preda al
completo delirio. Ottima prova d'attore per Massimiliano Vado, che
sembra a suo agio nei panni di questo Amleto-rockstar allo sbando,
confuso e perseguitato dall'incestuoso odio che vorrebbe fare del
corpo della madre il rifugio del putridume del mondo. Egli viene
immaginato congiungersi alla sua Ophelia nella tragica fine. Insieme
si ritrovano in questo limbo-inferno, insieme si raccontano.
Quello
di Amleto è stato
un testo fin troppo
manipolato, rivisitato,
spesso vituperato,
stravolto e snaturato. Voler a tutti i costi trovare un modo
“originale” per farne rivivere lo spirito ed i personaggi, è
cosa ardua e si corre
il pericolo di
percorrere
scelte dissacranti tra
i mille tentativi
visionari di indagare
all'interno del famigerato testo shakespeariano.
Alla ricerca di un'
originalità stilistica e di
una forma
narrativa differente,
si rischia che il
gesto, l'espressione,
diventi
mera
estetica
più che efficace
veicolo
di un messaggio
incisivo
ed intellegibile allo
spettatore. La messa in scena indubbiamente ha una sua forte
fascinazione evocativa
che riesce
a portarci in un mood intenso e delirante. Ottima
la
caratterizzazione del
personaggio di Yorick,
a cui Salvatore
Rancatore
riesce a conferire quel sapore di malinconica saggezza, di buffa
grazia, che probabilmente avrebbe avuto se Shakespeare non lo avesse
semplicemente sepolto.
Susy
Suarez
Info:
HAMLETOPHELIA da William Shakespeare e Heiner Muller
drammaturgia e regia di Luca GaetaHAMLETOPHELIA da William Shakespeare e Heiner Muller
con (in ordine di apparizione sul palco della vita)
Massimiliano Vado, Salvatore Rancatore, Federica Rosellini
Live painting di Alessandro Vitale
Costumi di Laura Di Marco
Video Lidia Cheresharova
Foto di scena Matteo Nardone
Progetto fotografico Giorgia Lucci
Locandina Carlo Vignapiano
Foto Locandina Paoloreste Gelfo
Organizzazione e produzione Luca Gaeta & Kill The Pig
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