Devo
confessare che dopo aver visto ed amato il pluripremiato film
interpretato da due mostri sacri come Colin Firth e Geoffrey Rush,
sono stata subito molto scettica riguardo questa trasposizione
teatrale, giudicandola proprio in virtù del grande livello del film,
un'operazione alquanto temeraria, dalla quale non mi sarei potuta
aspettare altro che una delusione.
Ammetto
di essermi dovuta ricredere, poiché mi sono trovata di fronte ad una
messa in scena molto elegante e retta con efficacia da Luca
Barbareschi nei panni del logopedista Lionel Logue, e da un
sorprendente Filippo Dini nei panni del principe Albert (Bertie) duca
di York, fedele alla sceneggiatura di David
Saidler, a cui è stato conferito l'oscar per la migliore
sceneggiatura originale proprio per “Il Discorso del Re”, ed il
quale era anche presente in sala all'anteprima dello spettacolo il 12
novembre al teatro Quirino di Roma.
La
vicenda ruota intorno al “problema” del duca, il quale, dopo la
morte di suo padre Re Giorgio V e l' abdicazione di suo fratello Re
Eduardo VIII (Mauro Santopietro) che preferì seguire le ragioni
sentimentali (la sua relazione con la divorziata Wallis Simpson), a
quelle di Stato, viene incoronato Re Giorgio VI d’Inghilterra.
Con
il suo paese sull’orlo della guerra e disperatamente bisognoso di
un leader, sua moglie, Elisabetta (Astrid Meloni), la futura Regina
Madre, organizza al marito un incontro con l’eccentrico logopedista
Lionel Logue (Luca Barbareschi), nella speranza di farlo guarire da
quel problema che lo rende inadatto e perfino ridicolo in un ruolo
così importante.
Dopo
un inizio burrascoso, il Re accetta di sottoporsi ad un tipo di
trattamento per nulla convenzionale.
Ma
il vero asse portante è rappresentato dal modo in cui il dottore
cerca di scoperchiare il vissuto di
Re Giorgio VI, a scopo
di sconfiggere il profondo senso di inadeguatezza che lo attanaglia,
e dal al rapporto umano
che si crea tra il nobile ed il dottore, il quale riesce
a
“ridare la voce"
ad un uomo prima che ad un re.
Forse
qualche scena di raccordo un po' prolissa ma necessaria per
comprendere meglio l'andamento narrativo, affidata però a personaggi
secondari alcuni dei quali parecchio deboli interpretativamente
parlando, che dicendola un po' troppo “forte chiara” creavano l'effetto “spiegone” che dovrebbe sempre essere evitato.
Un
paio di sketch inseriti forse con l'intenzione di alleggerire, ma che
risultano poco efficaci, stridono e rischiano di guastare il tono
della messa in scena, in cui l'elegante ironia british fa da padrona.
Molto
suggestive le immagini storiche di repertorio che tra una scena ed
un'altra vengono proiettate, le quali ci aiutano ad immergerci
nell'atmosfera del tempo e ci ricordano che la vicenda a cui stiamo
assistendo, è ispirata a personaggi ed eventi realmente accaduti.
Grande
affiatamento tra i due protagonisti, che sanno e esprimere con
talento e profondità il mondo interiore dei loro personaggi. Peccato
per il cast femminile, davvero poco convincente. Formidabile invece
Dini, il quale padroneggia la balbuzia per più di due ore di
spettacolo senza mai perdere in naturalezza, risultando sempre
credibile ed intenso, cosa che presuppone un grande lavoro fisico e
mentale che non tutti gli attori avrebbero la capacità di reggere,
uno dei motivi per cui nonostante le debolezze, questo spettacolo
merita di essere visto.
Susy
Suarez
Il
discorso del Re
di
David
Seidler
Teatro
Quirino di Roma dal 13 novembre al 2 dicembre
regia
di Luca
Barbareschi
con
Luca
Barbareschi
(Lionel Logue)
Filippo
Dini
(Bertie - Duca di York)
Ruggero
Cara
(Winston Churcill)
Chiara
Claudi
(Myrtle Logue)
Roberto
Mantovani
(Cosmo Lang - Arcivescovo di Canterbury)
Astrid
Meloni
(Elizabeth - Duchessa di York)
Mauro
Santopietro
(David - Principe di Galles)
Giancarlo
Previati
(Re Giorgio V e Stanley Baldwin - Primo Ministro)
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